Teofilo Santi, il medico samaritano

Il libro, che verrà presentato a Napoli mercoledì 11 dicembre, ricostruisce la vita e l’opera del fondatore dell’ospedale evangelico Betania a Ponticelli. Ne parliamo con Luciano Cirica, autore del testo

 

Mercoledì 11 dicembre alle ore 16,30 presso l’ex Ospedale della Pace – Sala del Lazzaretto, via dei Tribunali 226 (Napoli), si presenta il Quaderno di Betania n. 8 dal titolo «Teofilo Santi. Il medico samaritano» scritto da Luciano Cirica. L’evento, introdotto e moderato dall’avvocato Domenico Vincenzi, presidente della Fondazione evangelica Betania, vedrà la partecipazione della diacona Alessandra Trotta, moderatora della Tavola valdese, che presenterà il libro.


Teofilo Santi, medico protestante, nato a Napoli nel 1909, ma vissuto a Portici per tutta la sua vita, fino alla morte nel 1985, è stato il fondatore dell’Ospedale evangelico Betania a Ponticelli (Na). Appartenente alla Chiesa Metodista, consacra l’intera sua esistenza al bene degli altri, ai malati più poveri e ai giovani abbandonati. Lo fa, inizialmente, raccogliendo l’eredità del padre, il pastore metodista Riccardo Santi, che aveva fondato a Portici nel 1905 “Casa Materna”, un orfanotrofio che accoglie migliaia di bambini e di ragazzi bisognosi. Successivamente dal 1943 in poi, oltre a collaborare come medico a “Casa Materna”, si dedica a svolgere diversi interventi sociali nella Napoli devastata dai bombardamenti e dalla miseria: ambulatori gratuiti, ricoveri per gli sfollati e per i rifugiati, asili per bambini, scuole e doposcuola per i giovani, centri sociali, tra cui il centro “Casa Mia”, nella periferia di Napoli. Nel 1946, con il sostegno dalle chiese evangeliche napoletane, il dott. Santi si pone come obiettivo la costruzione di un ospedale evangelico, gratuito e solidale. Il 20 ottobre 1968, grazie all’aiuto determinante delle chiese protestanti in Europa e negli Stati Uniti, viene inaugurato a Ponticelli, uno dei quartieri più poveri della città, l’Ospedale Evangelico Villa Betania. Di questa opera, Santi è stato il fondatore e l’anima, il testimone ed il promotore, nonché il direttore e successivamente il presidente dal 1975 al 1985, anno della sua scomparsa.
Al dott. Liciano Cirica, che ha ricostruito la storia di questa personalità poliedrica, affascinante, abbiamo rivolto alcune domande.


Cosa l’ha spinta a scrivere un libro su Teofilo Santi?
«Sicuramente il desiderio di ricordare, in questa fase di rievocazioni storiche nelle nostre chiese, un grande testimone dell’Evangelo a Portici e a Napoli, spesso dimenticato, che ha segnato con la sua famiglia ed in particolare con il padre Riccardo, fondatore di Casa Materna, la storia della solidarietà evangelica partenopea, per oltre un secolo. Basti ricordare l’opera di Casa Materna, il lavoro sociale a Napoli del dopoguerra, con il Centro Casa Mia e poi infine la nascita dell’Ospedale Evangelico Betania. La storia della vita e delle opere di Teofilo Santi si è intrecciata con la grande Storia e con le vicende tragiche ma anche utopiche del ‘900».


Nel corso del lavoro di scrittura del libro, ha scoperto qualcosa di nuovo che di Santi e della sua opera non sapeva?
«Teofilo Santi ha espresso nella sua vita tre grandi vocazioni: quella di credente, quella di filantropo e quella di medico. Queste tre vocazioni si sono sempre intrecciate fra di loro. Il medico è stata la sua professione principale, ma si è fusa sempre con la sua vocazione sociale e con la sua fede di evangelico. È stato appunto un Medico Samaritano, che oltre a curare, ha compassione degli ultimi e si fa carico in toto dei loro problemi, confidando sempre nella forza della fede. Ogni atto e ogni progetto della sua vita è stato sempre caratterizzato da questa sua fede, forte ed esplicita, consapevole di essere però solo un semplice operaio di Dio, chiamato a curare non solo i mali fisici, ma anche quelli morali e spirituali. È stato un antesignano della visione olistica della medicina, oggi molto diffusa, ma allora sconosciuta. In ogni caso ha sempre mantenuto un approccio protestante alla testimonianza: entusiastica, concreta, biblica ed empatica. Mai ascetica o confessionale, ma sempre solidale e rispettosa dell’altrui sensibilità. Nella sua vita ha saputo per questo anche vivere una dimensione laica della testimonianza, impegnandosi nella vita politica e associativa a Portici».


Che ne è stato dell’eredità di T. Santi oggi? Quali aspetti del suo pensiero e della sua azione le chiese evangeliche in particolare dovrebbero recuperare e valorizzare?
«Teofilo Santi, con cui ho lavorato per un anno prima della sua scomparsa, aveva una straordinaria capacità carismatica di coinvolgimento delle persone. Era un grande comunicatore ed un grande “trascinatore”, nonché predicatore laico. È difficile rivivere quella esperienza, anche se dalla sua storia oggi le chiese possono trarre alcuni insegnamenti: il suo entusiasmo nella fede, la sua carica utopica nel pensare in grande, la fiducia nel Signore, ma anche la sua creatività, il suo ottimismo e una instancabile capacità organizzativa, nel cercare e nell’aiutare sempre chi avesse bisogno, in modo pratico e immediato».


Cosa ha rappresentato e rappresenta per lei la vita e la testimonianza di questo uomo?
«Fin dal primo momento in cui ho avuto modo di incontrare Teofilo Santi ne sono rimasto affascinato. Anche se spesso la mia visione della fede e della società non ha combaciato con la sua, ho sempre riconosciuto in lui un mirabile esempio di testimonianza evangelica generosa e disinteressata a favore degli ultimi e dei sofferenti. Un credente che sapeva trasmettere sempre fiducia ed entusiasmo verso gli esseri umani e soprattutto verso Dio. Tra le tante, ricordo sempre questa sua dichiarazione di fronte alle difficoltà dell’azione sociale: “Io ho messo le cose davanti al Signore e ho detto: Signore mio, questi sono i miei desideri; utilizza queste forze, perché, poche e modeste che sono nella mia volontà, fa’ che possano essere utili”».