Meditare la parola di Dio
Un giorno una parola – commento a Salmo 119, 14
Gioisco seguendo le tue testimonianze, come se possedessi tutte le ricchezze
Salmo 119, 14
Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore. Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia completa
Giovanni 15, 10-11
In questa seconda poesia del Salmo 119 la “meditazione della Torà” occupa il centro dell’interesse. Meditare è una parola impegnativa in ebraico, analitica, non riguarda solo il ragionare, ma il ruminare costante portando dentro e fuori il risultato della meditazione. Il proposito della meditazione della Torà è il raggiungimento della gioia totale, completa, suprema, definitiva, ultima.
Questa gioia non può essere acquistata con l’oro e non è in vendita al prezzo delle ricchezze umane. L’oggetto della rumina costante, analitica, ragionata con tutto se stessi, è la parola rivelata a Mosè, la parola che essa sola è parola diretta di Dio all’essere umano che illumina, accende, brucia tutto ciò che tocca (il volto di Mosè splendeva ogni qualvolta ascoltava le parole della Torà).
Meditare è penetrare la parola che entra in te, scava gallerie nell’anima e istilla nel profondo bellezza, senso, armonia e vita. Meditare la Parola, infine, accende dentro di noi le sorgenti della gioia assoluta e senza limiti. Tutte le ricchezze umane, il termine di trasferimento della metafora, possono produrre soltanto gioie parziali ed effimere, sono dunque, se paragonate con la gioia che viene da Dio, una zona di ombra vana (hebel habelim), il vapore di nebbia che si scioglie al mattino, tutte le ricchezze possono portare soltanto gioia effimera a chi vive nel vuoto vano di hebel. La vera gioia che sconvolge la carne e raddrizza le ossa può venire soltanto dal meditare e osservare tutte le testimonianze rivelate nella Torà, questa è la sorgente della gioia senza fine né limiti.
Amen.