Religioni e prostituzione: nodi da sciogliere

Un libro che riunisce testi di teologhe, filosofe e studiose di varie fedi

 

La “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” è una data di manifestazione e di lotta, sì, ma anche di dolore per ognuna di noi. Come è dolore assistere ogni giorno a notizie di femminicidi, è dolore il “posto vuoto” nelle nostre chiese, la scarpetta rossa simbolo di una violenza patita. Ed è anche doloroso vedere ogni giorno sui nostri media il corpo della donna usato come oggetto commerciale nella pubblicità o esposto alla compravendita a ogni angolo di strada delle nostre metropoli. Ma può essere una giornata che ci invita anche alla riflessione: così il libro presentato dalla Federazione donne evangeliche in Italia (Fdei) e dalla Federazione femminile valdese e metodista (Ffvem) al Sinodo, che dà voce alle donne – come il sottotitolo – con uno studio su «Religioni e prostituzione»*.

 

Il libro è nato tra donne credenti di varie religioni e laiche, in seguito all’“Appello ecumenico delle chiese cristiane contro la violenza sulle donne” del 2015, promosso dal Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e sottoscritto da dieci chiese cristiane del nostro paese. Si è istituito così l’“Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne” (Oivd), da cui sono stati costituiti vari Laboratori, uno dei quali, “Prostituzione e pornografia”, ha dato origine a momenti di scambio tra organizzazioni femministe, associazioni antitratta, centri antiviolenza, gruppi di uomini e di donne, dando voce alle migliaia di donne vittime del “sistema prostituente”, e producendo nel 2022 un manifesto abolizionista contro la prostituzione.

 

«Abbiamo dovuto riapprofondire – scrivono – il nesso inscindibile tra prostituzione e patriarcato, dove l’uso dei corpi femminili, anche attraverso il denaro, ne diviene un’istituzione fondante, dove i rapporti sociali che mettono la donna nella condizione di vendersi, sia attraverso i metodi coercitivi della tratta, sia “spontaneamente” sono segnati dall’asimmetria tra i sessi». Le autrici sono giunte alla considerazione che la prostituzione è violenza contro le donne, è «un duplice stupro, fisico e simbolico, che tocca tutte le donne, perché offendendo i loro corpi si offendono le donne nella loro interezza». Si è creato perciò un movimento globale che sta portando avanti una battaglia per l’abolizione della prostituzione, sul presupposto che la compravendita dei corpi non sia lecita, che sia equiparabile a una forma di schiavitù, e che, come la schiavitù, vada abolita. Il testo ricorda in particolare la Risoluzione del Parlamento Europeo del 26 febbraio 2014, che definisce la prostituzione «una forma di violenza, un’inequivocabile e terribile violazione della dignità umana». E molte legislazioni nel nord Europa sanzionano chi ne usufruisce.

 

In questo libro teologhe, filosofe, studiose di varie fedi religiose (ebraismo, islamismo, buddhismo, induismo, cristianesimo) si cimentano in una rilettura dei rispettivi testi sacri, rilevando come questi – scritti da uomini – siano radicati su modelli patriarcali di relazione tra i sessi: «Il ricorso alla prostituzione è sempre stato vissuto dalle religioni come un male minore. Le chiese e le organizzazioni religiose si sono mosse in un’ottica assistenziale, dedicando molta attenzione alla tratta e alle vittime, senza però interrogarsi sulle vere radici del fenomeno – limitandosi spesso agli effetti – o sulle cause che risiedono nel privilegio sessuale maschile, perché lo scambio sessuale che muove una gran massa di “clienti” nasconde un ruolo di potere».

 

Questo libro “originale e audace” va letto e meditato, singolarmente e in gruppo, e fatto proprio anche da gruppi misti, come quelli che si stanno creando di “autocoscienza maschile”, perché il problema nasce dalla sessualità maschile, dal suo rapporto con il potere e il possesso, nella scissione tra affettività e sessualità. E sono gli uomini che devono lavorare su di sé. Ce lo ricorda nel suo bell’intervento (“Denunciare non basta») – che invita con equilibrio alla riflessione comune – la teologa battista Lidia Maggi: «Forse anche i “clienti” hanno storie complesse e differenti da raccontare. Criminalizzarli non basta. Non serve. Scatterebbero solo i classici meccanismi di difesa di autoassoluzione o di negazione se ci si limitasse a denunciarne il comportamento in quanto “stupro a pagamento”». E conclude: «Occorre un’alleanza tra il linguaggio militante della denuncia e quello sapienziale dei processi educativi».

 

* Religioni e prostituzione. Le voci delle donne, a cura di Paola Cavallari, Doranna Lupi, Grazia Villa, VandA edizioni, 2024.