Della morte e del morire
Sarà discussa il 29 novembre dal Parlamento inglese una proposta di legge per legalizzare il suicidio assistito
Il prossimo 29 novembre il Parlamento inglese metterà in discussione e in votazione un disegno di legge sulla morte assistita (Assisted Dying), attualmente punita con il carcere fino a 14 anni, che fa seguito a provvedimenti recenti quali l’introduzione da parte del Parlamento scozzese, lo scorso marzo, di una proposta di legge per consentire ai malati terminali di porre fine alla propria vita. Orientamenti simili, verso una legalizzazione della morte assistita, sono stati approvati anche nel Jersey e nell’Isola di Man in maggio e luglio.
L’iter legislativo ha preso il via il 16 ottobre con la presentazione della proposta della deputata laburista Kim Leadbeater, che ha tenuto a precisare che la legge si rivolgerebbe soltanto agli adulti malati terminali (con aspettativa di vita di 6 mesi). Già ci sono stati pronunciamenti a favore, come quello del premier Keir Starmer, che ha anche invitato i parlamentari a votare secondo coscienza, e non secondo le linee del proprio partito, il provvedimento che interesserebbe i cittadini dell’Inghilterra e del Galles.
Anche le chiese si sono pronunciato in merito. La Chiesa metodista, come riporta una nota del pastore Jonathan Hustler, segretario della Conferenza metodista, ha ribadito la sua posizione contraria a un cambiamento dell’attuale legge, pur non nascondendo il dibattito presente al suo interno, fin dal 2015, quando la materia era già stata affrontata l’ultima volta dalla Camera dei Comuni. In quell’occasione, la Conferenza metodista discusse in merito, ed emersero posizioni molto diverse. C’era sicuramente un consenso unanime nell’affermare il valore intrinseco della vita umana e l’importanza delle cure palliative, ma alcune mozioni presentate evidenziarono orientamenti opposti: da un lato chi credeva che la legge dovesse consentire il suicidio assistito, dall’altro chi vedeva questo passo come «un terreno scivoloso» (la stessa espressione usata dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, di fronte alla proposta Leadbeater).
Secondo questi ultimi, la morte assistita «avrebbe un effetto estremamente dannoso sul benessere degli individui e sulla natura e la forma della nostra società, e potrà solo aumentare la pressione che molti malati terminali sentiranno» (212). I favorevoli invece sottolineavano che «laddove la morte sia considerata certa e imminente, potrebbe essere appropriata una dispensa giudiziaria compassionevole e dovuta per consentire un fine vita assistito» (221).
Hustler ricorda che il Consiglio metodista, recepito dalla Conferenza l’esito del dibattito, «decise di non rivedere la posizione della Chiesa, ma chiese di produrre delle risorse per consentire di rispondere meglio alle esigenze di coloro che hanno bisogno di cure palliative e di comprendere le questioni coinvolte, nel contesto più ampio della materia legata alla morte e al morire».
Dopo quasi dieci anni, la questione è tornata di attualità con il dibattito in Parlamento, pertanto la Chiesa metodista ripropone lo studio e la riflessione di questi materiali, aggiornati e implementati in questi giorni. Una raccomandazione conclusiva fatta dal segretario Hustler è di discutere «questa importante questione… con sensibilità e gentilezza, riconoscendo il suo potenziale di creare dolore e forti emozioni nelle persone colpite più direttamente».
Questi materiali sono disponibili nella pagina dedicata che contiene risorse per tutti, non solo cristiani (contiene anche testimonianze di varie provenienze, per ampliare la prospettiva), raggruppate in otto temi: a chi rivolgersi per affrontare una diagnosi di malattia terminale; come parlare del morire; le prospettive spirituali e teologiche; cappellania e cure palliative; l’elaborazione del lutto; che cosa possiamo fare come singoli e come chiese; il “testamento biologico”; la terminologia sul suicidio assistito e l’accompagnamento alla morte.