850 anni valdesi. Torino, storie di intrecci con la vita della città
Femminismo, chiesa e società, migrazioni nel convegno organizzato dalla locale chiesa valdese
La chiesa valdese di Torino ha organizzato, mercoledì 13 novembre, un incontro nell’ambito delle iniziative per gli 850 anni del movimento valdese. L’evento ha preso le mosse dal lavoro di tre studiosi su altrettante tematiche in cui si è manifestata l’interazione tra il mondo valdese e la città di Torino, presa a emblema di queste interazioni.
Al presidente del Concistoro Sergio Velluto chiediamo dunque: che immagine è risultata di questa interazione?
«In occasione degli 850 anni”, abbiamo scelto di non ripetere a noi e agli altri, ancora una volta, la narrazione di una gloriosa storia di persecuzioni e di riscatto, partendo dal Medioevo e fermandoci al 17 febbraio 1848. Abbiamo provato a esplorare e capire le aspirazioni, le scelte e le lotte che nostre sorelle e nostri fratelli hanno vissuto in un recente passato. Abbiamo sostenuto tre giovani studiosi, grazie al contributo dell’Ottoxmille, che hanno condotto una ricerca sui temi del femminismo, dei rapporti tra chiesa e società e sui fenomeni migratori che hanno coinvolto la comunità di Torino e la Città, nel periodo che va dagli anni Cinquanta alla metà degli anni Settanta dello scorso secolo. Il senso è stato capire il passato per avere un aiuto nella comprensione della testimonianza di ciascuna e ciascuno di noi, adesso. Questa operazione è stata possibile grazie anche al coinvolgimento del Centro Studi “Piero Gobetti” con cui siamo in sintonia su numerosi argomenti, dalla storica collaborazione con Giuseppe Gangale ai temi dell’antifascismo e del pacifismo».
– Che cosa è scaturito dal dialogo degli autori delle ricerche con gli ospiti dell’incontro?
«Il pastore Stefano Jalla predicava nel 1963 dal tempio di corso Principe Oddone dicendo: “… Per tutti, come Chiesa e come singoli, si tratta di colmare il fossato che ancora talvolta separa i residenti dagli immigrati…”. Una esortazione riferita all’impatto che l’immigrazione di valdesi del sud Italia aveva avuto sulla comunità. Riscoprire la nostra storia recente, facendo esperienza anche delle risposte che siamo riusciti o meno a dare, può sicuramente aiutarci a gestire analoghi fenomeni che ci coinvolgono oggi. Questo dell’immigrazione è solo un esempio: oltre ai temi della ricerca teologica e sociale avvenuta tra Torino e Agape negli anni ’50 e ’60, l’operaismo di Giovanni Mottura e di tante altre e altri giovani torinesi; e sono riemerse antiche proposte tuttora valide, come una scuola di formazione dei laici ipotizzata dal pastore Franco Giampiccoli o aspetti meno piacevoli come la contrarietà espressa dal Concistoro dell’epoca alla pastora Giuliana Gandolfo, candidata a una tornata elettorale, che oggi suona poco comprensibile alla luce dell’immagine di una chiesa giustamente orgogliosa della parità di genere».
– La conclusione è stata impostata facendo riferimento al concetto geniale della “minoranza universale”: che cosa significa?
«Il concetto di minoranza ci sta stretto, hanno argomentato Ilaria Valenzi e Paolo Naso. Piuttosto, in un contesto di diritti di cittadinanza e di Costituzione, potremmo parlare di una componente che non rinuncia al proprio ruolo di stimolo e di “shock”. La moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta ha elencato i principali ambiti di intervento in cui, grazie alla redistribuzione dei proventi dell’Ottoxmille, le chiese metodiste e valdesi si impegnano a sostenere un Paese diverso da quello in cui, con narrazioni politiche ed economiche si procede a restringere sempre di più lo spazio dei diritti e gli interventi sociali. Ma al tempo stesso, le nostre comunità non possono utilizzare questo come un alibi per rinchiudersi nei loro templi. Il Signore chiama ciascuna e ciascuno di noi a essere il sale del mondo, qui e ora».