Sospendere il Pakistan dal Commonwealth

È quanto chiedono al governo del paese 17 organizzazioni internazionali per i diritti umani a causa delle leggi sulla blasfemia e altre violazioni dei diritti

 

Una coalizione di 17 organizzazioni internazionali per i diritti umani – tra cui Human Rights Without Frontiers, Bitter Winter, l’Associazione europea per la difesa delle minoranze, il Centro per gli studi sulla libertà di religione, credo e coscienza, la Federazione europea per la libertà di credo e Jubilee Campaign – ha chiesto che il Pakistan venga sospeso dal Commonwealth delle nazioni a causa delle sue leggi sulla blasfemia e altre violazioni dei diritti, ma gli attivisti locali hanno affermato che ciò potrebbe causare maggiori difficoltà alle minoranze religiose.

La coalizione ha inviato la lettera aperta al Segretariato del Commonwealth prima dell’incontro dei capi di governo del Commonwealth a Samoa dal 21 al 26 ottobre. Nella lettera su sottolinea come le controverse leggi sulla blasfemia del paese siano state utilizzate per accusare falsamente e perseguitare le persone, portando a violenze diffuse, esecuzioni extragiudiziali e detenzioni illegali. La lettera sostiene che queste azioni violano i valori fondamentali della Carta del Commonwealth, che promuove la democrazia, i diritti umani e l’uguaglianza per tutti i cittadini.

 

La lettera sottolinea anche il fallimento del Pakistan nel riformare le sue leggi sulla blasfemia, affermando che, sebbene non siano avvenute esecuzioni sanzionate dallo Stato, la giustizia sommaria e la violenza della folla sono diventate dilaganti. Si citano almeno 85 casi di persone accusate di blasfemia assassinate prima che i loro casi potessero essere ascoltati in tribunale, molti dei quali hanno comportato linciaggi pubblici e attacchi da parte della folla.

«L’inazione del governo pakistano ha causato la morte di molte persone innocenti e il suo rifiuto di riformare queste leggi oppressive contraddice i valori sposati dal Commonwealth», ha affermato Willy Fautré, direttore di Human Rights Without Frontiers.

 

La coalizione sottolinea che gli ufficiali delle forze dell’ordine spesso chiudono un occhio su questi crimini, il che incoraggia ulteriormente gli autori di violenza, e ricorda le precedenti sospensioni del Pakistan dal Commonwealth, prima dal 1999 al 2004 e poi dal 2007 al 2008, a causa di problemi di governance e violazioni dei diritti umani.

Affermando che la situazione attuale giustifica un’azione altrettanto decisa, i firmatari hanno chiesto al Commonwealth di fare pressione sul Pakistan affinché ponga fine alla persecuzione istituzionale delle minoranze religiose e adotti misure per proteggere i cittadini da accuse ingiuste e violenze.

 

Nonostante la condanna internazionale e la crescente pressione, il governo del Pakistan ha resistito alle richieste di modificare le sue leggi sulla blasfemia o di introdurre misure di salvaguardia per proteggere le minoranze religiose.

Dal canto loro gli attivisti per i diritti umani e sociali in Pakistan temono che la sospensione del Pakistan dal Commonwealth delle Nazioni potrebbe avere implicazioni negative per le minoranze religiose.

 

Il presidente della Minorities Alliance Pakistan (MAP) Akmal Bhatti ha affermato che i diritti umani in Pakistan si sono deteriorati a un livello allarmante, «ma qualsiasi sospensione o sanzione al Pakistan alla fine danneggerebbe le comunità vulnerabili».

«Il Pakistan sta già affrontando enormi sfide economiche e qualsiasi azione internazionale a favore delle minoranze religiose che comporti implicazioni economiche sul paese avrebbe un impatto negativo sulla popolazione, in particolare sulla povera comunità cristiana», ha detto Bhatti.

 

«Diverse chiese e organizzazioni cristiane stanno già affrontando problemi nel ricevere finanziamenti esteri a causa del rigoroso monitoraggio da parte del governo», ha aggiunto Bhatti. «La sospensione del Pakistan sulla base del suo record sui diritti umani causerà più danni che benefici alla nostra gente».

La comunità internazionale dovrebbe fare pressione sul Pakistan attraverso il dialogo per migliorare la situazione sul campo, ha concluso.

«La nostra unica speranza è la pressione esercitata dalla comunità internazionale, dai media e dagli organismi per i diritti umani”, ha detto Samson Salamat, presidente del Rwadari Tehreek (Movimento per l’uguaglianza), condividendo le preoccupazioni di Bhatti. «Tuttavia, siamo anche preoccupati che questa lettera aperta possa portare a prendere di mira la leadership attiva delle minoranze religiose da parte del governo e delle agenzie statali».