Meno approdi in Italia, un dato che non deve diventare «slogan»

Maurizio Ambrosini: «Ciò che invece non vediamo e non vogliamo vedere sono i costi umani della repressione della mobilità transfrontaliera in Africa»

 

«Mediterraneo centrale – ricorda l’Unhcr –: ad ottobre si registra un -29% di arrivi rispetto al mese precedente. Sono circa 5.500 le persone sbarcate sulle coste Italiane nel mese di ottobre – ricorda ancora l’Unhcr –, dato che rappresenta un decremento di circa il 29% rispetto al mese precedente (7.685). Tra gennaio e agosto gli arrivi erano stati, rispettivamente: 2.258 (gen.), 2.301 (feb.), 6.857 (mar.), 4.721 (apr.), 4.976 (mag.), 4.902 (giu.), 7.465 (lug.), 8.526 (ago.). Le persone arrivate sulle coste italiane ad ottobre sono partite da Libia, Tunisia, Turchia e Algeria. La Libia è stata il primo Paese di partenza, con il 65% circa di tutti gli arrivi via mare in Italia. Circa l’85% delle persone arrivate ad ottobre sono sbarcate a Lampedusa. Altri porti di sbarco includono Crotone, Roccella Ionica, Pozzallo, Porto Empedocle, Lampione, Ravenna, Marsala, Salerno, Augusta, Bari e Carloforte. Da inizio anno, le nazionalità di origine prevalenti sono state: Bangladesh (20%), Siria (19%), Tunisia (13%), Egitto (7%), Guinea (6%), Pakistan (4%), Eritrea (3%), Sudan (3%), Mali (3%) e Gambia (2%). Nel mese di ottobre è stato recuperato, a bordo di un’imbarcazione partita da Tripoli, il corpo senza vita di un uomo siriano, probabilmente deceduto a causa di un malore».

 

Partenze e sbarchi da anni oscillano, ricordava proprio quest’estate Maurizio Ambrosini sul quotidiano Avvenire, e oscilla «in dipendenza di vari fattori, tra cui il meteo e le condizioni del mare, quest’anno a lungo sfavorevoli. Le rotte cambiano e cercano altri sbocchi, spesso più lunghi, costosi e pericolosi dei precedenti. Ma credo si debba ammettere che le politiche attuate dai governi del Nord del mondo per il contenimento delle migrazioni indesiderate e degli arrivi spontanei per asilo alla fine raggiungono buona parte dei loro obiettivi. L’abbiamo già visto con gli accordi tra Ue e Turchia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Marocco, Niger (ora denunciato dal governo golpista)». Dietro la diminuzione degli sbarchi vi è dunque per Ambrosini «una cinica delega ad altri governi perché si accollino il lavoro sporco di contenere i transiti e un drammatico costo in termini di sofferenze e vite umane perdute».

 

Infatti, ribadiva ancora il professor Ambrosini: «Ciò che invece non vediamo e non vogliamo vedere sono i costi umani della repressione della mobilità transfrontaliera in Africa», citando un ulteriore rapporto Unhcr che gettava una luce almeno parziale sulle morti nel deserto del Sahara e dove la cifra documentava in 1.180 persone morte per l’attraversamento del deserto tra il gennaio 2020 e il maggio 2024, «ma testimoni e ricercatori – proseguiva Ambrosini – sono convinti che il dato sia molto più alto. Violenze, rapimenti, torture, abbandoni in situazioni di pericolo, detenzione arbitraria, respingimenti, costellano le rotte che cercano di raggiungere il Mediterraneo dall’Est e dall’Ovest dell’Africa sub-sahariana». L’Unhcr parlava già allora di «orrori inimmaginabili».

 

La recente assise della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) conclusasi domenica 27 ottobre si è aperta con un evento dedicato ai dieci anni d’impegno di Mediterranean Hope, il programma rifugiati e migranti Fcei: «L’Italia e l’Europa di oggi – ha ricordato la coordinatrice Marta Bernardini – sembrano voler puntare su nuovi muri, siglare accordi di respingimento con paesi quali l’Albania, la Libia, la Tunisia, la voce protestante di oggi in Italia dev’essere invece una voce di accoglienza, di pace, di rispetto della dignità e dei diritti. Noi cerchiamo di dare il buon esempio, e lo facciamo da anni con i Corridoi umanitari, con le vie legali dell’accoglienza. Il voler spostare sempre la questione altrove – ha chiosato Bernardini –, senza voler vedere le nostre responsabilità, è pura e semplice miopia».