Guerra giusta? Pace giusta?

Una conferenza a Roma ha riunito rappresentanti delle chiese protestanti e cattolica europee per ragionare sul ruolo delle chiese nei conflitti

 

La Conferenza delle Chiese Europee (Kek) ha preso parte a un panel alla recente conferenza intitolata “Esiste una guerra giusta? Valori europei in tempi di aggressione”, tenutasi nell’ambito degli European Future Talks 2024 del Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE) a Roma. Il Servizio Europeo per l’Azione Esterna gestisce le relazioni diplomatiche dell’Unione europea con altri paesi al di fuori dell’UE e conduce la politica estera e di sicurezza dell’Unione.

 

Organizzato dalla Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (Comece), partner cattolico della Kek nel dialogo con l’UE, l’evento è stato ospitato in collaborazione con la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana il 25 ottobre.

La conferenza ha riunito voci diverse per esplorare la complessa questione della “guerra giusta” nel contesto europeo, riflettendo sulla rilevanza del concetto in tempi di aggressività accentuata.

Katerina Pekridou, responsabile del programma Kek per la teologia e gli studi, ha fornito al dibattito spunti di riflessione tratti dall’iniziativa Pathways to Peace della Kek. Ha affrontato l’argomento “Guerra: un rimedio contro la dittatura, il terrore e i crimini contro l’umanità?”.

 

Pekridou ha evidenziato la priorità della “pace giusta” rispetto alla “guerra giusta” all’interno della comunità Kek e le prospettive all’interno del discorso ecumenico che danno priorità ai mezzi non militari per preservare la pace, fondati sulla chiamata cristiana alla guarigione e alla riconciliazione. Ha sottolineato: «La nostra missione fondamentale è il ripristino della pace e della giustizia attraverso mezzi non violenti. Tuttavia, recenti esperienze, come la brutale invasione russa dell’Ucraina, hanno posto le chiese di fronte a domande difficili sulla potenziale necessità della forza per sostenere la dignità umana e il diritto internazionale».

 

Pekridou ha notato una divisione emergente all’interno della comunità ecumenica riguardo all’uso della forza militare in determinati contesti critici. Sebbene tradizionalmente orientate al pacifismo e persino alla non violenza, alcune chiese stanno ora riflettendo sulle condizioni ammissibili per l’azione militare come mezzo di ultima istanza per proteggere i civili sotto grave minaccia.

 

«La sofferenza causata dalla guerra in Ucraina ha portato alcuni a riesaminare il diritto delle persone a vivere libere da interferenze esterne, insieme alla responsabilità morale della comunità internazionale di agire di fronte all’aggressione», ha affermato ancora Pekridou. «Sia i sostenitori della guerra giusta che i pacifisti sono in ultima analisi spinti dall’obiettivo comune di garantire la giustizia, anche se differiscono nell’approccio». In linea con il suo impegno per una pace giusta, la Kek continua a sostenere il dialogo e l’azione condivisa tra le chiese, rafforzando i percorsi per la pace attraverso la collaborazione ecumenica. Come parte di questa azione, la Kek ospiterà una consultazione europea sulla pace giusta dal 9 all’11 dicembre 2024 a Varsavia, coinvolgendo le chiese di tutta Europa in un ulteriore dialogo sui percorsi per una pace duratura.

 

L’iniziativa Pathways to Peace è un programma della Conferenza delle chiese europee creato in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, nel tentativo di promuovere giustizia, riconciliazione e pace. È una risposta coordinata della comunità ecclesiale europea. L’iniziativa rafforza la sinergia tra chiese e partner. Implementando una varietà di eventi e progetti, Pathways to Peace rafforza la visione ecumenica di una pace giusta, facilitando lo scambio tra chiese europee e promuovendo le voci delle chiese ucraine nel dibattito ecumenico. Pathways to Peace sviluppa la cooperazione tra leader ecclesiastici, intellettuali e accademici in preparazione della pace in Ucraina. Si impegna nel dialogo con le istituzioni europee, affrontando preoccupazioni politiche cruciali e sostenendo la protezione dei siti religiosi distrutti in Ucraina.

 

 

Photo: COMECE/Riccardo Antonetti