La vita con Gesù è una vita piena

Un giorno una parola – commento a Giovanni 11, 25-26

 

Tu non abbandonerai l’anima mia in potere della morte

Salmo 16, 10

 

Gesù disse a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?»

Giovanni 11, 25-26

Queste parole, spesso citate astratte dal loro contesto, sono invece pronunciate da Gesù in un dialogo con Marta nella vicenda della risurrezione di Lazzaro.

Gesù le dice: «Tuo fratello risusciterà» e Marta replica: «Lo so che risusciterà, nella risurrezione, nell’ultimo giorno», ritenendo che Gesù si riferisca al giorno della resurrezione dei corpi, cioè rimandando ad un futuro lontano l’incontro di Marta con suo fratello Lazzaro. Ma Gesù la corregge e replica: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai».

 

La sentenza di Gesù contiene due elementi, non uno solo. Da un lato, Gesù conferma che lui è la resurrezione e che chi crede in lui, anche se muore, alla risurrezione vivrà; ma dall’altro aggiunge «e chiunque vive e crede in me, non morirà mai». Gesù è la vita e chi crede in lui vive già oggi gli effetti della risurrezione futura: «è passato dalla morte alla vita» (5, 24). Per il vangelo di Giovanni, non è solo la morte di Gesù che porta la vita, ma è anche la vita di Gesù che porta la vita a chi è con lui. Per Lazzaro, il vangelo non descrive solo il futuro, ma anche il presente con Gesù; e infatti viene risuscitato.

 

Io credo che l’errore di Marta sia anche il nostro, cioè quello di spostare in un futuro lontano la realizzazione dell’eternità della vita con Gesù. Gesù infatti non è solo «la risurrezione», ma anche «la vita». Anche noi, come Marta, abbiamo bisogno di essere corretti da Gesù, infatti risorgiamo alla vita non solo come esistenza eterna futura, ma anche alla vita che abbiamo qui ed ora.

A volte, le persone che amiamo intensamente ci vengono strappate via violentemente, lasciando in noi un senso di vuoto e di disperazione. Quando ciò accade, ci aggrappiamo, come Marta, alla speranza che alla risurrezione potremo stare sempre con Gesù e con le persone a noi care. Lo facciamo però con quel fondo di amarezza che lascia in noi la lontananza di quell’evento, quando invece noi vorremmo viverlo subito, adesso, qui ed ora. È in quel momento che dobbiamo ricordare che non è una vita futura quella che Gesù ci ha acquistato alla risurrezione, perché Gesù è «la resurrezione e la vita» ora.

 

Le parole di Gesù non dicono che può esserci il ritorno qui ed ora della persona amata persa, questa promessa purtroppo non c’è; ma la promessa che la vita con Gesù è ancora una vita piena, invece c’è. Anche se una persona ci viene strappata via, la vita che ci rimane non è per questo incompleta, non è monca, non è imperfetta; né ha perso l’autorizzazione ad essere gioiosa, ad avere degli obiettivi e ad attendersi delle sorprese da Dio. Essa è una vita nel senso più completo possibile. Quando si è nel lutto, non bisogna cedere alla tentazione di stabilire che la nostra vita non è più una vita piena perché manca la persona che amavamo, ma bisogna ricordare che la vita che abbiamo è ancora una vita piena perché Gesù è ancora presente in essa. Perché non è solo la morte di Gesù che porta la vita, ma è anche la vita di Gesù che porta la vita a chi è con lui.

 

 

 

 

Immagine: Finestra della chiesa del 19° secolo nella chiesa Nikolai di Örebro (Svezia) di Carl Almquist. Il motivo raffigura Gesù che resuscita Lazzaro dai morti (wikimedia)