La festa per i primi dieci anni di Mediterranean Hope
Nella chiesa valdese di piazza Cavour a Roma un evento per riflettere su quanto è stato fatto e su quanto si potrà fare grazie al programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia
Una comunità che si raccoglie, una storia collettiva lunga dieci anni. È stato questo, in sintesi, il centro e il messaggio dell’evento organizzato lo scorso 24 ottobre da Mediterranean Hope (MH), programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) nato nel 2014, dopo uno dei più grandi naufragi nel Mediterraneo, quello di Lampedusa del 3 ottobre 2013. L’incontro, moderato da Claudio Paravati, direttore della rivista e centro studi Confronti, e Marta Bernardini, coordinatrice di MH, ha visto la partecipazione della MaTeMusik Band e si è svolto nella chiesa valdese di piazza Cavour. Un tempio pieno di persone che hanno avuto modo di conoscere il lavoro di MH in questi anni, in un momento pubblico che ha anche aperto la III Assise della FCEI, gli “stati generali” del protestantesimo in Italia.
Tre i panel di discussione intorno ai quali si è articolato il dibattito, dopo i saluti iniziale della vice presidente della FCEI Sara Comparetti. Di diritti e cittadinanza si è discusso con la scrittrice Djarah Kan, il docente e attivista Simohamed Kaabour, Lamin Drammeh, attore e attivista. Valentina Brinis di Open Arms Italia, i giornalisti Luca Attanasio e Annalisa Camilli, hanno animato il talk su frontiere e politiche migratorie. Infine, il sociologo Maurizio Ambrosini, Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio e Paolo Naso, sociologo, nonchè “architetto” del progetto MH, hanno cercato di delineare il prossimo orizzonte del programma migranti e rifugiati della FCEI. E non solo, di capire come dovrà evolversi il sistema dell’accoglienza in Italia, quale futuro per le vie di accesso legali e sicure come i corridoi umanitari, quali dinamiche potranno riguardare il fenomeno migratorio e le relative politiche dei governi e del vecchio continente. Perchè la posta in gioco, come ha concluso il presidente della FCEI, pastore Daniele Garrone, quando si tratta di diritti delle persone, è il senso del nostro stare insieme come cittadini, «l’anima stessa dell’Europa».
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