Il report sulle violenze a Gerusalemme e in Cisgiordania

Il Consiglio ecumenico delle chiese fra il progetto di monitoraggio nella regione e il sostegno al lavoro dell’Unrwa

 

Il moderatore del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), il vescovo Heinrich Bedford-Strohm, e il direttore della Commissione delle chiese per gli affari internazionali del Cec, Peter Prove, hanno incontrato online i rappresentanti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA).

 

Bedford-Strohm ha affermato che il dialogo con i funzionari dell’UNRWA ha confermato il ruolo estremamente importante dell’agenzia Onu nella situazione attuale sia a Gaza che in Libano.

 

«In una situazione in cui non c’è un governo funzionante, l’UNRWA è l’unica istituzione che fornisce un’assistenza umanitaria efficace alle persone disperate» ha affermato. «Faccio un appello urgente a tutte le parti in guerra affinché evitino tutto ciò che impedisce all’UNRWA di svolgere il proprio lavoro e le sostengano invece attivamente in ogni modo possibile. Tutte le parti coinvolte in attività distruttive devono fermare la violenza e aprire la porta a un percorso verso la pace e la ricostruzione».

 

Prove ha osservato che l’UNRWA si trova in una posizione impossibile, lottando con finanziamenti ridotti per adempiere al suo mandato umanitario e alla sua responsabilità nei confronti di persone e comunità sfollate, sofferenti e minacciate nelle circostanze più difficili e pericolose.

«Lo fanno per conto dell’intera comunità internazionale, ma allo stesso tempo sono assediati da accuse, forti pressioni politiche e minacce di vario genere, comprese quelle alle loro stesse vite, semplicemente per aver fornito una risposta umanitaria dove nessun altro è in grado o disposto a farlo».

 

Quanto la situazione per la popolazione palestinese sia estremamente critica anche fuori da Gaza, nei Territori occupati in particolare, lo raccontano i resoconti del Programma di accompagnamento ecumenico del Consiglio ecumenico delle Chiese in Palestina e Israele (EAPPI) che hanno rivelato che le comunità palestinesi sono indifese contro la violenza e vivono nella paura.

Il Programma di accompagnamento ecumenico del Cec in Palestina e Israele, giunto al suo 22° anno, ha portato oltre 2.000 volontari da più di 60 nazioni che hanno sostenuto, pregato e solidarizzato con le persone vulnerabili nella regione.

Si tratta di team di volontari provenienti da tutto il mondo che per tre mesi rimangono nei territori in qualità di osservatori e accompagnatori nel quotidiano di cittadini, adulti e bambini, alle prese con continui soprusi.

Il progetto nasce nel 2002 in risposta alle richieste dei leader delle chiese cristiane di Gerusalemme di offrire protezione tramite una presenza non violenta e al contempo monitorare le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale, senza dimenticare di supportare le attività degli attivisti per la pace fra israeliani e palestinesi.

 

Un gruppo di accompagnatori che ha documentato le violazioni dei diritti umani dal 12 settembre al 10 ottobre a Betlemme, Gerusalemme e nella valle del Giordano ha riscontrato violenza, sfollamento forzato e diniego di accesso a vari siti, tra le altre violazioni. Gli accompagnatori hanno presentato 444 segnalazioni di incidenti, di cui 335 sono state inoltrate per follow-up e assistenza immediata dal Comitato internazionale della Croce Rossa; così come da organizzazioni israeliane, palestinesi, internazionali e delle Nazioni Unite.

 

Un esempio riportato a Betlemme è stato, l’8 ottobre, quando i membri della comunità di Khallet al Louza hanno affermato di essere stati attaccati e picchiati da coloni e soldati diverse volte alla settimana. Hanno riferito di non poter più andare nei campi, o lasciare che le pecore pascolassero. Gli uomini hanno detto di avere paura di andare al lavoro e lasciare sole donne e bambini, e di essere preoccupati per la sicurezza di donne e bambini anche di notte, a causa dei violenti attacchi, dei gas lacrimogeni e delle sparatorie. Gli uomini hanno parlato di tre attacchi nei cinque giorni precedenti. Hanno detto di avere un disperato bisogno di protezione, soprattutto dopo un attacco notturno in cui le condutture idriche della comunità sono state danneggiate.

 

A Gerusalemme, come altro esempio, i beduini nella zona di Khan Al Ahmar – Abu Al Hilou hanno lamentato un aumento degli attacchi dei coloni contro studenti e studentesse. I coloni stanno prendendo di mira una strada specifica usata dai bambini che vanno a scuola. Un leader beduino ha detto che questo è un segno di un aumento delle molestie dei coloni, e ha paura che alla fine ai bambini delle scuole non sarà più permesso di usare la strada.

 

Un altro esempio, nella valle del Giordano, si è verificato l’11 ottobre. Una donna beduina di Hammamat Al Maleh ha descritto le sue dure condizioni di vita e la paura creata dalla violenza dei coloni. Ha detto che non può stare lontana da casa per molto tempo o lasciare i suoi animali vulnerabili alle incursioni dei coloni e dell’esercito. La donna sente di essere costantemente sotto sorveglianza e che la sorveglianza tramite droni potrebbe significare una demolizione imminente. Un capo della sicurezza dei coloni spesso guida in giro e scatta foto o video delle case palestinesi. Ha continuato dicendo che, a causa della violenza dei coloni, i palestinesi non usano più la vicina sorgente d’acqua. Racconta anche di un incidente in cui un colono ha puntato una pistola al petto del marito e la gente ha iniziato a scappare nel panico, alcuni di loro senza scarpe.

 

Gli accompagnatori hanno anche riferito di feedback positivi dalle comunità che hanno visitato. Un leader beduino di Jabal Al Baba ha detto di apprezzare gli accompagnatori ecumenici perché visitano la comunità.

 

Il direttore delle scuole di Gerico ha detto: «Siamo davvero contenti di vedervi a scuola dopo che è stata attaccata».

La leadership della chiesa locale, ricevendo questi resoconti, ha segnalato l’importanza della comunicazione con diplomatici e governi nell’ambito del lavoro di advocacy- legato al progetto EAPPI.

 

 

Foto di S. Gebauer/WCC:  una casa distrutta a Betlemme