Gesù in cammino verso Gerusalemme

Un giorno una parola – commento a Luca 18, 32-33

 

Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna

Isaia 53, 3

Il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai pagani, e sarà schernito e oltraggiato e gli sputeranno addosso e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno, ma il terzo giorno risusciterà”

Luca 18, 32-33

 

 

Quando l’evangelista Luca ci annuncia, in 9, 51, che Gesù si mise in cammino verso Gerusalemme, ci avverte che lo fece “risolutamente”. La parola greca che qui viene usata è però molto più forte: Gesù “indurì il suo volto”, perché sapeva che cosa lo aspettava. Potremmo dire: si incamminò “a muso duro”, anche se forse non è un’espressione molto elegante. Ma effettivamente sono terribilmente dure anche le parole che Gesù pronuncia in questa occasione, al terzo annuncio della passione.

 

Egli riprende quanto detto dal profeta Isaia sul Servo di Yahvé e non fa sconti. Non si parla, qui, della “bella morte” di un eroe; ma dell’obbrobrio e della tortura che solo gli umani sanno sadicamente infliggere ai loro simili – e quante volte anche nei nostri giorni abbiamo sentito o visto sui vari scenari di guerra simili efferatezze.

I discepoli rimangono senza parole, ammutoliti di fronte a tanto strazio. Non comprendono, non possono comprendere il senso di simili affermazioni. E non perché siano poco intelligenti, ma perché fino a quel momento tutto sembrava andare in una direzione assolutamente diversa: il Messia, il Figlio di Dio doveva con la sua stessa presenza inaugurare il Regno del Padre – e loro stessi vi avrebbero avuto un posto di rilievo (si veda Luca 22, 24-30). Ma ora vengono annunziati sputi e frustate, il dileggio e la morte. Roba da non capire più niente!

 

Di fatto, i discepoli capiranno, ma solo dopo la resurrezione, quando la realtà si rovescerà ed essi incontreranno la nuova dimensione del Regno di Dio, quando il Risorto aprirà le loro menti all’intelligenza delle scritture. Ora, la distanza tra il sogno di un Messia glorioso, forte e trionfatore e la realtà del Figlio dell’uomo sfigurato, crocifisso e fatto morire di una morte infamante è troppo lunga; l’abisso è ancora invalicabile. È, come ha scritto l’apostolo Paolo, lo scandalo della follia di Dio.

Ma questo è il salto che i discepoli di tutte le epoche sono chiamati a fare: il salto dalla storia degli umani alla storia di Dio, dalla realtà di morte alla resurrezione.

 

Amen.