Hibakusha e il Nobel

Il Consiglio ecumenico delle chiese esprime il suo apprezzamento al Premio Nobel per la pace a Nihon Hidankyo

 

L’11 ottobre il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) ha accolto con favore la notizia dell’assegnazione del Premio Nobel per la pace 2024 a Nihon Hidankyo.

 

Nihon Hidankyo e l’organizzazione giapponese dei sopravvissuti – Hibakusha – agli attacchi nucleari su Hiroshima e Nagasaki nel 1945, conquistano il premio per il lavoro «teso a chiedere un mondo senza armi nucleari, attraverso la testimonianza e l’impegno far conoscere la realtà delle catastrofiche conseguenze umanitarie delle armi nucleari», si legge sul sito del Cec.

 

«La loro disponibilità a condividere la sofferenza che hanno sopportato – si legge ancora –, attraverso la creazione di numerose campagne basate sulla loro esperienza, ha contribuito a cambiare l’accettazione morale della presenza di queste armi nel nostro mondo».

 

Il Cec, e le sue chiese membro, si sono pronunciate contro le armi nucleari sin dalla loro assemblea di fondazione nel 1948, ossia da quando il Cec descrisse la prospettiva di una guerra con armi nucleari come un «peccato contro Dio e un degrado dell’uomo stesso».

 

Da allora il Cec ha continuato a chiedere la completa eliminazione delle armi nucleari, attraverso i suoi organi direttivi, le commissioni funzionali e le chiese membro.

 

Peter Prove, direttore della Commissione delle Chiese per gli Affari Internazionali del Cec, ha ribadito che l’organismo ecumenico continuerà a sostenere tutti gli sforzi per liberare questo mondo dalla minaccia delle armi nucleari: «Ci congratuliamo con Nihon Hidankyo, e continueremo a sostenere gli sforzi delle nostre chiese in tutto il mondo mentre chiedono con forza a tutti i governi di firmare e di ratificare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari per una giustizia nucleare e una bonifica ambientale rivolta alle persone e alle terre, soprattutto dove sono stati effettuati test con le armi nucleari», ha detto Prove.  «Non c’è sicurezza in queste armi, solo insicurezza permanente, finché continueranno a esistere. La natura umana e la storia conosciuta di errori e incidenti rendono chiaro che non esistono mani in cui tali armi possano mai essere considerate sicure», ha concluso.

 

Leggi l’articolo di Elena Ribet pubblicato sul sito dell’Agenzia stampa Nev – Notizie evangeliche