Cercate la verità e non considerate normalità le ingiustizie

“Barbèt”,il nuovo spettacolo del Gruppo Teatro Angrogna, racconta alcuni episodi della storia valdese, sempre con occhio attento agli ultimi di ieri e di oggi: numerose repliche in programma in ottobre

Ha debuttato il 28 settembre a Luserna San Giovanni Barbèt, il nuovo spettacolo del Gruppo Teatro Angrogna che chiude la trilogia cominciata con À la brua (1990) e seguita da Li Valdès (2010), raccontando diverse fasi della storia valdese. 

Quest’ultimo lavoro recupera tre momenti fondamentali della storia valdese non raccontati dai due precedenti: Valdo di Lione (1174 e seguenti), il Trattato di Cavour (1561), l’emancipazione (1848), e lo fa, secondo la cifra del Gta, ponendo l’accento sull’ingiustizia che spesso colpisce “gli ultimi”.

Gli episodi della storia valdese rievocati in questo spettacolo

All’inizio dello spettacolo, infatti, la voce narrante avverte gli spettatori sul considerare “normale” questa storia: una frase che non ci si aspetterebbe… «Abbiamo ripreso – ci racconta Jean-Louis Sappè, storico leader del gruppo – un concetto espresso da Bertolt Brecht (che consideriamo nostro maestro, insieme a Dario Fo), con parole essenziali, dure e taglienti. Se è una storia “normale”, consideratela attentamente: ci sono cose considerate “normali”, che sono profondamente ingiuste, è proprio in quella normalità che si trova il male. E quando lo si è riconosciuto, non bisogna voltare la testa dall’altra parte, ma darsi da fare e cercare di cambiare le cose».

Questo vale soprattutto per la terza vicenda raccontata, la più inaspettata, momento clou (non a caso occupa circa metà dello spettacolo). Quando sembra di essere arrivati al “lieto fine”, e che i diritti siano stati acquisiti, la storia ci sbatte in faccia nuove ingiustizie… che nuove non sono. L’episodio è infatti ispirato a una vicenda reale, di inizio Novecento, ma accaduta chissà quante volte.

Storie di ultimi: è la nostra storia, è la storia di tutti

Questa dinamica tra realtà e finzione caratterizza da sempre il teatro del Gta: come ricorda Sappè, «noi non siamo storici, ed è un bene perché possiamo usare la fantasia, abbiamo la libertà di immaginare. Il teatro è il luogo dei sogni, sei libero di uscire da questo mondo che ti vincola; con i nostri spettacoli poniamo domande e problemi che non siamo noi a dover risolvere… Come si dice in apertura dello spettacolo, quel che c’è sul palco è finto, ma non è falso: anzi, spesso la verità si nasconde nella finzione».

Indubbiamente però il rapporto con l’attualità è sempre stato forte negli spettacoli del Gta che, parlando di storia, hanno spesso parlato di scomode attualità (le migrazioni, la Resistenza, i diritti dei lavoratori, la guerra,..) dando voce ai “personaggi senza nome” della Storia… Anche in questo spettacolo, in cui emergono temi quali l’ingiustizia, la libertà, i diritti, i nomi “famosi”(a parte Valdo) sono quelli legati al potere (ecclesiastico o civile) “cattivo”.

Inoltre, sottolineano insieme Jean-Louis e Maura Bertin, che da sempre lo affianca nella vita e nell’avventura del Gta, «in Barbèt abbiamo scelto di dare ampia voce alle donne: sono loro le voci narranti, invano zittite dai potenti di turno. Già in A la brua era un po’ così, ma il palco era dei nobili, dei poteri, così come in Valdès. In questo spettacolo le donne sono in effetti le protagoniste».

Qualcuno ha notato come un punto debole in molti spettacoli del Gruppo questa divisione molto forte tra buoni e cattivi, ma possiamo considerarlo un modo per raccontare tutta la storia nei suoi lati positivi e negativi, e poi, come osserva Sappè, «non è detto che gli ultimi siano “i buoni”… Per esempio nel personaggio di Jean emergono molte contraddizioni, il dilemma tra il giusto e l’ingiusto».

Il rapporto con l’attualità: libertà, giustizia, diritti… il “testamento civile” di Cara mamma il mondo è ingiusto.

Però c’è anche una responsabilità più ampia, che riguarda il momento storico che stiamo vivendo, lo rileva Maura ricordando l’ultima battuta del suo personaggio: «Il buio cresce, noi abbiamo fatto la nostra parte, portiamo chi ci segue a riflettere su quanto stiamo vivendo, a “sporcarsi le mani”, invece di aspettare che siano altri a farlo…».

E conclude Jean-Louis: «Prima di questo spettacolo pensavamo di ritirarci, ma in questo mondo in cui sta di nuovo dominando la destra abbiamo pensato che non potevamo farlo: sentiamo ancora una responsabilità. Probabilmente non faremo più spettacoli corali, ma teatro-canzone, con un allestimento più essenziale, ma sempre facendo un teatro di riflessione e di denuncia». Come del resto è stato, fin dalle origini del Gruppo…

Prossime repliche di Barbèt: sempre alle 21, sabato 12 ottobre a Cavour (Biblioteca comunale), sabato 19 ottobre a Pomaretto (Teatro valdese), sabato 26 ottobre a San Secondo (Sala valdese), sabato 16 novembre a Villar Pellice (Sala polivalente).