Notte intorno al Memoriale di Lampedusa

Il racconto di questa nottata di commemorazione

 

In pochi minuti la piccola piazza con il memoriale del naufragio si riempie.

 

Tantissimi giovani, anche anziani, colori della pelle diversi: neri, bianchi, olivastri.

Le lingue diverse: arabo, francese, inglese, italiano, afrikan, dialetto lampedusano. Tutti in  solenzio.

 

Sono le 3 di notte e nessuno sembra aver sonno.

Questo silenzio è  come se facesse rivivere le grida soffocate dalle onde del mare che in pochi minuti ne inghiottì 368. Qualcuno fotografa, qualcun altro  fa rimbalzare sui social la diretta live.

 

Ciò  che colpisce è  la capacità di questo luogo di frenare la corsa della tua vita…, una sorta di pietra d’inciampo.

Prima una piazza insignificante dell’isola, vicino all’ufficio postale, in questo momento pare un luogo sacro.

Un santuario senza pareti e senza altare, che  induce a riflettere, ad abbracciarsi.

Giovani e anziani, bianchi e neri….un unico grande abbraccio.

Le lacrime frutto delle intense emozioni rigano il viso.

 

Alcuni ragazzi li senti singhiozzare, altri cercano di “frenare” il pianto, ma non possono legare il cuore.

Alcuni sopravvissuti tornano ogni anno:li riconosci.

Il loro volto si trasforma, sembrano gridare di nuovo aiuto, aiuto e ancora aiuto.

Sì, perché nel “mare spinato” di Lampedusa ancora si muore.

Il Molo Favarolo, questa lingua di terra, approdo di speranze e di sogni, ancora si riempie di disperati.

La piazza ora si stringe intorno al monumento.

 

Qualche parente, un padre e una madre, vanno a cercare su quella spirale di lettere il nome del proprio congiunto, del proprio figlio perduti.

Sì perché il 3 ottobre 2013  erano giovani, cotti dal sole e indeboliti dalle torture, dalla fame e dalla sete, smarriti nel buio di un’alba che  368 di loro non vedranno….così le vittime di oggi.

 

Anzi, oggi quando non muoiono nei lager tunisini o libici che noi contribuiamo a finanziare, quando non finisco in fondo al mare, queste giovani vite, ricche di speranze e  di sogni, vengono prese e disperse nei vari hot spot dell’Italia e tra poco in Albania: gli occhi “puliti” occidentali non devono vederli.

 

Sono le 3.15 un gruppo di ragazzi ridona la voce ai disperati:

“Siamo rimasti in mare tanto tempo, tanto tempo, troppo tempo, l’acqua era fredda. Il buio si è preso tutto.Abbiamo perso il nostro nome tra le onde”.

Li chiamano per nome, uno ad uno ed erano, solo in quella notte,  368 i morti annegati.

 

Ognuno di noi né afferra uno, lo stringe nel proprio cuore e promette a sé stesso che  domani farò la mia parte:

almeno uno devo salvarlo, devo tirarlo fuori dalle onde e dal buio delle nostre coscienze indifferenti…dalla disperazione.

Ti salverò da ogni malinconia perché voglio avere cura di te, risuona questa notte la canzone di Battiato.

 

Anche il Sindaco Filippo Mannino ci dice che non possiamo dimenticare.

Quest’ isola interroga le nostre coscienze. È un’isola che accoglie, che salva, che strappa dal mare, che accende una luce nul buio dei  nostri egoismi.

Vito Fiorino, ancora scosso dalle grida di quella notte, con la sua barca riuscì a salvarne molti, ricorda che queste persone, questi 368 martiri della politica, rivivono  questa notte, ci guardano dritto negli occhi, ci implorano, ci perforano l’anima.

 

Sono passati 11 anni, ma ogni anno, ogni volta che ci ritroviamo, è  come se ridessimo un nome e una voce a ciascuno di loro.

 

 

                      Libero Ciuffreda
Membro del Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI)

 

 


Oggi a Lampedusa è prevista la commemorazione ecumenica per ricordare le 368 vittime del naufragio del 3 ottobre 2013. L’appuntamento è alle ore 18:00 presso la Parrocchia di San Gerlando. Fra i promotori, anche la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) attraverso il programma rifugiati e migranti Mediterranean Hope (MH), presente sull’isola da 10 anni.