Lodare Dio
Un giorno una parola – commento a Salmo 18, 49
Perciò, o Signore, ti loderò tra le nazioni e salmeggerò al tuo nome
Salmo 18, 49
Chi non temerà, o Signore, e chi non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo
Apocalisse 15, 4
Lodare e salmeggiare a Dio. Sembra la cosa più normale nel rapporto tra Dio e chi crede in lui. Eppure sappiamo che la lode non è sempre sulle nostre labbra, spesso sono le suppliche, i lamenti, le recriminazioni, le richieste a occupare le nostre preghiere, il nostro dialogo con Dio. Forse è anche per questo che il salmista scrive “loderò e salmeggerò”, perché per lodare Dio abbiamo bisogno di aver prima riconosciuto che è dalla nostra parte, accanto a noi. In un lungo discorso il salmista ricorda come si sia rivolto a Dio, come Dio lo abbia ascoltato e avvicinato, come sia intervenuto in sua difesa sostenendolo e guidandolo. Dio, scrive il salmista, è stato in grado di illuminare le sue tenebre. La lode esprime la riconoscenza per la salvezza e ha il suo fondamento nella fede nel Dio che ascolta e interviene, raggiunge e salva.
Il salmista, quindi, loda e forse potrebbe stupire che lo faccia “tra le nazioni”. Non si loda nel chiuso della propria cameretta, nel segreto del proprio cuore; non si salmeggia al nome di Dio solo nelle quattro mura rassicuranti dei nostri luoghi di culto. Dio deve essere lodato tra le persone che ancora non lo conoscono, che ancora non riconoscono la sua presenza nella vita e nella storia degli esseri umani. La lode è testimonianza; la lode è condivisione di una gioia che coinvolge non solo chi ha fatto le stesse esperienze, ma anche chi è ancora in ricerca, chi aspetta che le tenebre che sta attraversando siano illuminate, chi nella riconoscenza ha bisogno di ricordare che è protagonista della storia tra Dio e l’umanità intera. Amen.