Da Michelin a Mitchell, da Villar Pellice alle Americhe
L’incontro con un discendente di una famiglia valdese che solcò l’Oceano e che conta anche un figlio pastore in Messico
Foresteria valdese di Torre Pellice, un soleggiato pomeriggio di fine settembre. Ci aspetta Richard Mitchell: ottantenne californiano, ex preside, autore teatrale, che ha intrapreso da storico dilettante una ricerca sulla propria famiglia.
Perché è arrivato in questo remoto angolo delle Alpi italiane? Perché il suo bisnonno era Jean-Pierre Michelin Salomon, di Villar Pellice. Una vita avventurosa (sebbene non lunghissima, morì infatti a cinquant’anni), per il primo diplomato della Scuola valdese di Teologia di Torre Pellice (1858), poi evangelizzatore in varie parti d’Italia. Va Firenze a “sciacquare i panni in Arno”, come molti della sua epoca, poi a Pisa, dove evangelizza i lavoratori della ferrovia, poi di nuovo a Torre Pellice dove sposa Rachel Odin. E il viaggio riprende: Milano, Modena, Aosta (dove una figlia muore di colera), Como, di nuovo Torre Pellice. Per poi intraprendere il viaggio più lungo, quello che porta Jean-Pierre e la sua famiglia in Uruguay (Rosario). Ma, da lì, una serie di contrasti lo costringe a ripartire alla volta del Nord, prima a New York, poi Monett (Missouri) e infine Los Angeles.
Uno dei figli diventerà pastore tra gli immigrati messicani, ma altri si interesseranno poco alla vita religiosa, occupandosi di allevamento e agricoltura. Richard discende da uno di loro e vuole cercare di ricostruire la storia. Ma partendo da molto molto più indietro, fino ad arrivare a Valdo di Lione. E poi l’adesione alla Riforma, le persecuzioni, il Rimpatrio… Richard ha infatti voluto incontrare l’autore dei libri che gli hanno aperto le porte della storia valdese, il pastore Giorgio Tourn, e per lui ha tante domande: dove, come e quando è morto Pietro Valdo? Beckwith voleva far diventare l’Italia una provincia dell’Impero britannico? Perché i valdesi sono finiti nelle Americhe?
Ma anche il suo interlocutore, dopo avergli dato un consiglio netto («La storia più interessante è quella del bisnonno, Jean-Pierre: concentrati su quello, lascia perdere o ridimensiona tutto il resto») ha una domanda: perché intraprendere una ricerca su questo passato così lontano, con cui in apparenza non ha più niente a che vedere? Per i figli, per i nipoti, risponde Rich, perché sappiano da dove vengono e che cosa li ha portati fino a lì. Si discute a lungo se questo interesse per le origini sia condiviso anche da altri discendenti di valdesi in Nord America, ma anche in Sud America, dove il contatto con la Chiesa valdese italiana è (non solo formalmente) molto più stretto.
Dalla conversazione, resa complessa dal mescolarsi di due lingue, emergono alcune linee guida: per Jean-Pierre era stato fondamentale il rapporto con il padre, Pierre, che aveva vissuto il passaggio dalla situazione di “ghetto” alla “libertà”: un uomo della vecchia generazione, che però non aveva vissuto in un contesto di chiusura mentale, anzi. C’era sempre stata una forte proiezione verso l’Europa (Svizzera, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda…), laddove mancava invece quasi del tutto il contatto con “l’Italia”. Un concetto difficile da spiegare a un italiano, figuriamoci a un americano…
La storia di Jean-Pierre si intreccia con quelle delle ragazze valdesi che vanno a servizio in Russia; di ricchi benefattori e benefattrici britannici e scozzesi, e nord americani, che “investono” nella costruzione di chiese, scuole, edifici di varia natura; di “colonie valdesi” fondate nel sud e nel nord del continente americano. Tutto questo fermento ci dà l’idea di un grande dinamismo, in un’epoca in cui gli spostamenti e le comunicazioni erano mille volte meno efficienti e pervasivi di quelli attuali.
Ma veniamo a oggi. Sono passati due anni: il libro, una “historical fiction” che ripercorre la storia dei valdesi in quattro sezioni, partendo dalla storia generale fino alla famiglia Michelin/Mitchell, è stato pubblicato con il titolo Scattered Leaves (foglie sparse, ma “scattered” erano anche le ossa dei valdesi massacrati «sulle fredde montagne alpine» cantate da John Milton nel sonetto On the Late Massacre in Piedmont, più volte citato dall’autore nel libro). Ora ne è stata tratta una pièce teatrale, Children of the promise. The Early Protestants, diretta da Miriam Higgins e in scena proprio in questi giorni, dal 4 all’8 settembre, al teatro Old Fire Station di Oxford.
Un’ultima domanda: come si arriva da Michelin-Salomon a Mitchell? Il cambiamento è più recente di quanto si possa pensare e risale al 1945, quando Richard (lo racconta lui stesso nel Prologo del libro) aveva tre anni. Suo padre cambiò il nome in Mitchell, per non essere associato, per via di quel “Salomon” (diventato “Solomon” all’arrivo a Monett), ai perseguitati ebrei d’oltreoceano. Non doveva essere nient’altro che un “bianco, protestante, repubblicano”… merito a suo figlio che, andando a scavare tra le “foglie sparse” della storia, ha scoperto che la loro famiglia in fondo aveva qualcosa in comune con quell’insolito nome biblico…
Foto: Jean Pierre Salomon con la moglie Rachel Marie Odin (Archivio fotografico valdese)