Imparare a guardarsi dentro

Un giorno una parola – commento a Salmo 143, 2

Signore, non chiamare in giudizio il tuo servo, perché nessun vivente sarà trovato giusto davanti a te

Salmo 143, 2

 

Gesù disse alla donna: «I tuoi peccati sono perdonati. La tua fede ti ha salvata; va’ in pace»

Luca 7, 48; 50

 

 

Care lettrici, cari lettori, qualche tempo fa, dopo una gita insieme, un amico mi fece notare una certa modalità comunicativa: “ti sei accorto che abbiamo fatto ripetutamente osservazioni critiche su questa e su quella persona ma mai su noi stessi?”.

E sì, dobbiamo ammetterlo, com’è difficile osservare e soprattutto condividere i propri “difetti”. Di solito temiamo il giudizio dell’altro ma anche il proprio sguardo critico nei nostri meccanismi interiori, come se la struttura del nostro io ad un tratto potesse creparsi e magari crollare. Ma può un credente avere paura di affilare la vista?

Di fronte a Dio possiamo stare unicamente per come siamo, non solo certi che egli “ci ha esaminato e ci conosce” (Salmo 139), ma anche perché il rapporto con Dio, così come i nostri rapporti umani, vivono se c’è trasparenza.

Ci occorre la stessa fiducia del Salmista, quando prega il Signore di non giudicarlo, dal momento che nulla gli è nascosto, anche l’evidenza più nuda della nostra umanità.

Se ci fidiamo di Dio, che secondo Gesù è, oltre a Creatore anche Padre amorevole, possiamo anche liberarci dalla paura di osservarci dentro, facendo quel passo decisivo fuori dalle nostre emozioni e rivolgendo lo sguardo in noi stessi. Dio non ci “giudica” per annientarci ma per rimetterci nelle giuste proporzioni rispetto alla vita.

Probabilmente sarà un’impresa che ci farà crescere riconciliandoci e dandoci forza ed inizierà anche a piacerci.

Amen.

Alberto Rocchini è pastore luterano a Torre Annunziata (Na)