La paura può essere utile?
Un giorno una parola – commento a Matteo 14, 30
Il Signore, Dio, mi ha soccorso; perciò non sono stato abbattuto
Isaia 50, 7
Pietro, vedendo il vento, ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!»
Matteo 14, 30
Care lettrici, cari lettori, la paura. Un’emozione intrinseca e vitale della nostra umanità, che, però, stranamente, vorremmo non avere. Invece la paura, se non ne restiamo invischiati, può essere un’occasione preziosa per capire di più su noi stessi. Iniziamo col definirla, darle un contenuto: paura di… non farcela, abbandono, vuoto, solitudine, giudizio, rifiuto…?
Suppongo che molta della fragilità che ci caratterizza nel nostro tempo sia frutto proprio dell’avere rimosso la naturale paura dal nostro orizzonte esperienziale. Può essere, sì, un’amozione da amplificare e sfidare sui social ma l’illusione di averla sconfitta non rende certamente più forti, tantomeno più umani. Anzi, il distacco dalle nostre paure, vederla come nemica e fare il possibile per aggredirla ci porta in un crescendo di violenza, a volte nascosta a lungo sotto una dolce normalità, come abbiamo appreso, sgomenti, da recenti fatti di cronaca.
I commenti al famoso episodio della “tempesta sedata” sul lago di Galilea, che leggiamo nella sua forma narrativa più estesa secondo l’evangelista Matteo, si concentrano, giustamente, sulla fede, malferma, dei discepoli in Gesù, in particolare di Pietro.
Ma forse è utile valorizzare anche l’altro lato, quello della paura, umanissima, di pescatori sopraffatti al largo dal vento e dalle onde e, come se non bastasse, dall’apparizione di Gesù, ritenuto un fantasma. Umanissimo è anche il terrore di Pietro, che vuole sfidare il dubbio e la paura con un gesto impossibile ma che la vista della tempesta riporta in sé e così inizia a sprofondare nel lago.
La paura, allora, ci può ricondurre a noi stessi, ai nostri limiti, alla nostra umanità. E così salvarci, impedendoci di schiantarci contro un muro, fare una strage o finire inghiottiti dalle onde. Ritrovandoci sanamente bisognosi dell’Altro, che per amore ha scelto di condividere anche le nostre paure, nessuna esclusa.
Alberto Rocchini è pastore luterano a Torre Annunziata (Na)