Felici di appartenere a Cristo
Un giorno una parola – commento a I Pietro 4, 14
Mostrami le meraviglie della tua bontà, o tu che con la tua destra salvi chi cerca un rifugio al riparo dai suoi avversari
Salmo 17, 7
Se siete insultati per il nome di Cristo, beati voi! Perché lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio riposa su di voi
I Pietro 4, 14
Una delle paure dei cristiani è quella di essere riconosciuti e quindi perseguitati, o anche solo derisi, incompresi. Eppure, siamo in tanti, tantissimi nel mondo, ma sempre più oggi in un mondo che fa del virtuale l’essenza della vita, la solida realtà della fede cristiana sembra essere un difetto da nascondere.
E così si finge di non esserlo anche con coloro che lo sono, come se il non essere uomini e donne di fede risultasse un termine di paragone positivo con chi non crede. Ma la beatitudine di Pietro che è esattamente la stessa che Gesù ha annunciato alle folle sul monte come ci racconta l’evangelista Matteo, annuncia il senso dell’Evangelo. L’insulto ricevuto nel nome di Cristo è una beatitudine, perché è il riconoscimento della propria appartenenza al Signore del cielo e della terra.
Beati noi insultati, perché ciò significa che ci siamo fatti riconoscere, che non abbiamo nascosto la nostra appartenenza, che non abbiamo tradito la nostra fede. Beati noi insultati perché abbiamo resistito alla tentazione di dire di Gesù: “io non lo conosco”. Abbiamo una protezione, una sorta di scudo, ci dice il versetto, ed è lo Spirito Santo che riposa su di noi. Quando lo Spirito riposa non significa che è inattivo, ma che è coinvolto con noi nella bellezza della nostra fede.
In questo suo shabbat, lo Spirito contempla la meraviglia della nostra vita, la nostra beatitudine, il nostro essere uno con Cristo pur nella sofferenza che ci viene dall’essere insultati. Riposiamo anche noi con lo Spirito che riposa, per godere la felicità dell’appartenenza a Cristo nel cui nome siamo stati battezzati. Amen!