Chiese e genocidi, le chiese riformate ragionano
In Namibia un incontro della Comunione mondiale di chiese riformate per riflettere le grandi ingiustizie nel continente africano
Un incontro partecipato e molto sentito a fine agosto ha chiesto alle chiese di riconoscere e prendere una posizione concreta contro il genocidio. Organizzata congiuntamente dalla Conferenza delle chiese di tutta l’Africa, dal Council for World Mission e dalla Comunione mondiale di chiese riformate (Wcrc) e ospitata dal Consiglio delle chiese in Namibia a Windhoek, la capitale dello Stato sud africano, la consultazione ha cercato di chiedere quale ruolo hanno svolto le chiese e i loro partner ecumenici, e possono continuare a svolgere, nel trovare giustizia per i popoli costretti a vivere in contesti post-genocidio?
La consultazione è stata intenzionalmente tenuta in Namibia, che è stata il luogo del primo genocidio del XX secolo. A partire dal 1904, il popolo Herero e Nama è stato massacrato dal potere coloniale tedesco. La lotta per il riconoscimento e le scuse continua ancora oggi.
Riunendo leader ecclesiastici ed ecumenici, autorità, attivisti, accademici impegnati ma soprattutto coloro che hanno sofferto le ingiustizie del genocidio, la consultazione ha cercato specificamente di affrontare la questione dal punto di vista di coloro che patiscono l’oppressione. Questa intenzionalità di approccio dal basso ha permesso a coloro che si sono riuniti di definire il genocidio come parte della meccanica della “necropolitica” dell’Impero.
Nel suo comunicato finale si legge: «La conferenza ha assistito alla resistenza dei “crocifissi”, degli impoveriti, delle donne, dei giovani e dei bambini nel loro fermo rifiuto di essere cancellati e annientati. La nostra dichiarazione nasce dal grido della gente della terra contro la geopolitica dell’impero, il modo in cui l’impero continua a scatenare una “necropolitica” (vale a dire una politica, una pratica e persino una celebrazione della morte)».
La consultazione ha creato forti collegamenti tra il genocidio nel periodo moderno e l’eredità del colonialismo: nel suo discorso principale, lo studioso e attivista namibiano Paul Isaak ha sottolineato che “Dalla prospettiva dei colonizzati, la missione e il colonialismo erano dominati da missionari, commercianti, coloni e soldati o da ciò che è noto come le tre C: Cristianesimo, Commercio e Civiltà. Queste tre C hanno imposto agli africani un particolare modo di essere».
Nella sua presentazione, Mark Lewis Taylor, rinomato teologo del Princeton Theological Seminary, ha collegato coloro che sono stati assassinati nei genocidi con il Cristo sofferente e crocifisso: «Morire come ha fatto Gesù è ciò che mette il presunto fondatore del cristianesimo in unità con i popoli del mondo che soffrono sul lato oscuro dei sistemi imperiali».
Carmen Margarita Sanchez De Leon, ha portato in primo piano le dimensioni di genere del genocidio nella sua presentazione quando ha detto: «I corpi delle donne sono inseparabili dai ricordi del genocidio e dalle strutture di potere nella società. La natura biologica dei corpi femminili o femminilizzati, inclusa la loro capacità di dare la vita, rende sistematicamente le donne bersagli di violenza sessualizzata in tempo di pace così come durante la guerra e il genocidio». Ha chiesto alla consultazione di riconoscere che le donne non erano solo le vittime/sopravvissute al genocidio, ma erano anche in prima linea nella resistenza e nelle iniziative di costruzione della pace.
Parlando della consultazione, Philip Vinod Peacock, segretario esecutivo del dipartimento Giustizia e Testimonianza della Wcrc, ha commentato: «L’eredità del colonialismo e il continuo assalto del capitalismo hanno portato a una scia di morte e distruzione. Come chiese dobbiamo riconoscere la miseria che questo ha causato e impegnarci per porvi fine in modo che tutti possano avere vita e averla nella sua pienezza».
Il comunicato ha inoltre invitato la Conferenza delle chiese di tutta l’Africa, il Council for World Mission e la Wcrc a sviluppare un «meccanismo per accompagnare le chiese e le comunità colpite durante il genocidio e le lotte per l’autodeterminazione. Ciò dovrebbe includere la formazione e il supporto di un team di risposta rapida e il rafforzamento delle azioni pastorali, politiche e di advocacy delle chiese contro il genocidio».
La dichiarazione può essere trovata qui.