Autonomia differenziata, no grazie

Arriva anche un appello lanciato da cento giuspubblicisti per denunciare le gravi criticità della legge

 

Nelle ultime 24 ore già oltre cento giuspubblicisti, professori e studiosi di diritto (citiamo appena Enzo Cheli, Roberto Zaccaria, Ugo De Siervo, Francesco Pallante, Maria Agostina Cabiddu, Camilla Buzzacchi, Maria Cristina Grisolia, Barbara Pezzini), hanno ritenuto di dover sottoscrivere un appello (clicca qui ) contro la cd. «legge Calderoli» (n. 86 del 2024) che si propone di dare attuazione all’autonomia differenziata «con gravi distorsioni rispetto al dettato costituzionale – si legge sul sito Articolo 21.org –».

 

La legge Calderoli «si apre con alcuni principi, definiti come “generali” cui ancorare la disciplina “dell’autonomia differenziata”, con ciò mostrando di intenderla come istituto di carattere generale e “ordinario” e non come un’eccezione così come vorrebbe l’art. 116 della Costituzione».

L’autonomia differenziata”, ricorda ancora Articolo 21.org, «dovrebbe essere realizzata con atto del Parlamento e in particolare con una legge approvata dalle Camere a maggioranza assoluta. La l. n. 86/24, invece, capovolge quei ruoli: conferisce al Governo un peso preponderante nella fase di definizione dell’intesa con le singole Regioni e riconosce al Parlamento solo il compito di “ratificare” quanto già deciso in sede governativa.

 

Secondo Costituzione la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali (Lep) spetta al legislatore statale, con quel tipo di “competenza legislativa esclusiva” che vincola la competenza regionale in qualunque materia.

 

La legge Calderoli invece, non solo ha attribuito ad atti del Governo la fissazione dei Lep, attraverso decreti delegati e atti amministrativi, ma ha perfino voluto sottrarre talune materie di competenza regionale all’osservanza dei LEP e quindi dalla garanzia dell’eguale tutela dei diritti su tutto il territorio nazionale.

 

È del tutto assente una puntuale e complessiva valutazione dei costi dell’autonomia differenziata. L’idea che si tratti di una riforma a costo zero è priva di fondamento. Il calcolo dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e politici comporterà inevitabilmente lo stanziamento di un ammontare molto consistente di risorse per il loro finanziamento.

Questa operazione è sin qui rimasta lettera morta e priva di una seria valutazione sul suo impatto sul livello complessivo della spesa pubblica. Non solo, ma c’è il rischio che una loro definizione inappropriata rischi di accentuare il divario tra Regioni ricche e Regioni povere, in assenza di garanzie certe circa l’istituzione di meccanismi di perequazione.

 

L’equilibrio economico e finanziario è essenziale e i principi di perequazione previsti dall’art.119 Cost. vanno rispettati come principi fondamentali.

 

«Noi crediamo – ricordano i giuspubblicisti – in un’autonomia regionale autenticamente realizzata, sulla base dei principi di solidarietà e di leale collaborazione. I diritti civili, sociali e politici devono avere una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale. Differenziazioni ulteriori rispetto a quelle già esistenti sono certo possibili, ma solo se strettamente legate alle specifiche caratteristiche ed esigenze dei singoli territori senza mettere a rischio il principio di unità della Repubblica».

 

L’appello è ancora aperto alle sottoscrizioni di professori e studiosi di discipline giuridiche pubblicistiche.