Dio ha compassione di noi
Un giorno una parola – commento a Matteo 9, 36
Salva il tuo popolo e benedici la tua eredità; pascili e sostienili in eterno!
Salmo 28, 9
Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore
Matteo 9, 36
L’evangelista Matteo ci offre questa bella immagine di Gesù con atteggiamento compassionevole, comprensivo ed amorevole che vede la folla “stanca e disorientata come un branco di pecore che non hanno un pastore”. La gente si accalcava intorno a Gesù perché aveva visto i suoi miracoli, miracoli che Giovanni nel suo vangelo non enfatizza ma li vede come segni del regno di Dio che in Cristo è giunto in mezzo agli uomini per la loro salvezza.
Le folle seguivano il Signore per essere sfamate, gli ammalati lo seguivano per essere guariti, c’era poi chi andava dietro a lui perché, come tutti gli ebrei, auspicava di vederlo incoronato re dei giudei che a capo del suo esercito avrebbe liberato la nazione dal potente potere romano.
L’AT riporta vari passi in cui Israele è descritto come un gregge trascurato dai suoi pastori (es. Ger. 23, 1-6) e Dio come pastore del suo popolo o come pastore personale. Anche Gesù nei vangeli si serve dell’immagine del gregge e delle pecore per indicare Israele come popolo al quale è venuto a portare la salvezza (Mt. 10, 6) con particolare riguardo alle “pecore perdute”. Ancora Gesù nel vangelo di Giovanni dà di se stesso l’immagine del buon pastore e dice ai suoi discepoli che: “darà la sua vita in sacrificio sulla croce per la salvezza delle pecore perdute”, ossia di quanti avranno fede in lui. La parabola riportata in Mt. 18, 12-14 racconta del pastore che cerca la pecora perduta per riportarla nell’ovile. E ancora in Gv. 10, 7 Gesù dice: “Io sono la porta dell’ovile se uno entra per me sarà salvato”, per confermare che non abbiamo altri mediatori e salvatori al di fuori di lui.
Ancora oggi Gesù guarda le folle ed ha compassione, ancora oggi Dio guarda i suoi figli e figlie come pecorelle; quando siamo sfiniti e stanchi e scoraggiati possiamo andare avanti con la certezza che Gesù è il nostro buon Pastore che ci guida. Possiamo dunque confessare la nostra fede con la certezza che siamo il gregge del Signore di cui Egli ha cura, e dire insieme al salmista “Il Signore è il mio pastore: nulla mi manca” ( Salmo 23, 1). Amen.