No delle chiese svizzere ai tagli dei fondi per i Paesi in via di sviluppo
Presa di posizione della Chiesa evangelica riformata svizzera e della Conferenza episcopale
In primavera il governo svizzero ha deciso di partecipare al finanziamento per la ricostruzione dell’ Ucraina martoriata dalla guerra di aggressione russa. 5 i miliardi di Franchi previsti come spesa per i prossimi 12 anni. Una parte, 1.5 miliardi saranno prelevati dal fondo destinato al sostegno dei Paesi in via di sviluppo, una cifra superiore rispetto ad esempio al complesso dei programmi di aiuto per tutte le nazioni dell’Africa subsahariana. Il budget generale non verrà aumentato, per cui i Paesi più poveri vedranno ridursi i sostegni.
Una decisione che ha sollevato molte critiche e perplessità da parte di varie organizzazioni umanitarie anche perché la Confederazione elvetica nel 2023 ancora una volta non ha raggiunto l’obiettivo concordato di contribuzione all’aiuto allo sviluppo con almeno lo 0,7% del Pil (si è fermata allo 0,43%).
Ora anche la Chiesa evangelica riformata svizzera, insieme alla Conferenza episcopale cattolica, interviene sul tema con un ampio comunicato:
«In un documento di sintesi la Chiesa evangelica riformata svizzera e la Conferenza episcopale svizzera ricordano la necessità di una forte cooperazione allo sviluppo e chiedono al Parlamento di esplorare tutte le possibilità per evitare una riduzione dei contributi federali alla cooperazione allo sviluppo. Prenderci cura della nostra casa comune L’attuale situazione globale, caratterizzata da guerre e conflitti, flussi di rifugiati, povertà, fame e crisi climatica, è preoccupante e richiede impegno da parte della politica e della società.
Sulla base della sua Costituzione, la Svizzera svolge un ruolo importante e riconosciuto a livello internazionale. La Confederazione attua la cooperazione allo sviluppo in stretta collaborazione con organizzazioni nazionali e internazionali, il settore privato e le organizzazioni umanitarie svizzere con partner locali. Le chiese cristiane danno un contributo importante attraverso le proprie agenzie umanitarie. In Svizzera si sono affermati la stretta collaborazione, il sostegno reciproco e la complementarità tra le organizzazioni umanitarie e il settore pubblico. La cooperazione allo sviluppo non governativa, in particolare, è riuscita ripetutamente a sostenere le regioni in cui gli attori statali non possono farlo o non hanno accesso a gruppi di popolazione trascurati. In caso di catastrofi e grandi difficoltà, le persone di tutto il mondo ricevono dalla Svizzera un aiuto rapido ed efficace.
In Svizzera le Chiese promuovono e coltivano la cultura del dono. La solidarietà e la concreta cooperazione allo sviluppo sono sostenute anche dall’impegno delle parrocchie e di tanti parrocchiani volontari. È chiaro ai cittadini che lo Stato non è e non può essere l’unico attore della cooperazione allo sviluppo.
Come Chiese accogliamo quindi con favore sia il contributo dello Stato alla cooperazione allo sviluppo, che si basa sull’obiettivo Onu (0,7% del prodotto nazionale lordo), sia ogni eventuale impegno privato. In Svizzera esiste una stretta ed efficace collaborazione tra le organizzazioni umanitarie e la Confederazione. Da parte cattolica, l’enciclica “Populorum progressio” del 1967 descrive i fondamenti essenziali della cooperazione cattolica allo sviluppo. Sottolinea la necessità dello sviluppo umano, lo vede come un grande vantaggio per la pace e insiste sulla necessità di un nuovo rapporto Nord-Sud. Altre encicliche confermano questa missione cristiana e allargano l’orizzonte alla preservazione del creato. Ecco perché l’enciclica Laudato Si’ del 2015 invita tutti i popoli del mondo ad ascoltare il grido della terra e dei poveri e ad agire di conseguenza.
Dal lato riformato, vale la pena menzionare in questo contesto la Confessione di Accra del 2004. Il testo si basa sulla convinzione teologica che l’ingiustizia economica ed ecologica dell’attuale ordine economico globale pone una sfida alla famiglia confessionale riformata. La Confessione di Accra afferma che le questioni di giustizia economica ed ecologica riguardano la credibilità della Chiesa.
Nel mondo, quattro persone su cinque dichiarano di appartenere ad una religione. In molti paesi del Sud gli attori religiosi godono di un alto livello di fiducia tra la popolazione. In quanto forze sociali, contribuiscono attivamente a dare forma allo sviluppo sostenibile e si impegnano a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali. In molti Paesi partner della cooperazione allo sviluppo la sanità, l’istruzione e altri servizi sociali sono forniti in gran parte dalle comunità religiose. Sono presenti anche in aree remote, in situazioni di emergenza e di conflitto, e anche dove le istituzioni statali sono troppo deboli per garantire gli approvvigionamenti alla popolazione.
I politici hanno il difficile compito di soppesare i diversi interessi. In relazione all’evoluzione della situazione della sicurezza in Europa e alla necessità di sostegno in Ucraina è stato avviato un cambiamento delle priorità in termini di finanze federali. Secondo la proposta del Consiglio federale, i miliardi del budget della cooperazione internazionale, finora destinati soprattutto ai Paesi del Sud, devono essere messi a disposizione dell’Ucraina. Ci auguriamo che la solidarietà e l’azione responsabile nei confronti dei Paesi meno sviluppati restino un valore di primaria importanza per la Svizzera.
Consapevoli della complessità della situazione, sottolineiamo anche il nostro desiderio che il Parlamento cerchi altre possibilità di finanziamento e trovi un modo per evitare di ridurre i contributi federali alla cooperazione allo sviluppo. Siamo convinti che la Svizzera abbia bisogno di una forte cooperazione allo sviluppo. Se tagliassimo i nostri servizi, i più poveri e vulnerabili del mondo sarebbero colpiti in modo sproporzionato. La politica, le organizzazioni umanitarie, le chiese e la società civile devono lavorare insieme per queste persone».