Povertà e modestia, un insegnamento anche per oggi
Il punto di vista del pastore Aldo Comba, da poco centenario, sugli 850 anni del movimento valdese
Incontriamo il pastore emerito Aldo Comba alla Casa delle Diaconesse, dove ha recentemente festeggiato i suoi 100 anni, per parlare di un altro anniversario importante, gli 850 anni del movimento valdese.
– Pastore Comba, dalla sua consacrazione nel 1948, lei è stato impegnato non soltanto nella predicazione ma anche nella vita della Chiesa valdese in Italia e nel Rio della Plata, nonché nel movimento ecumenico internazionale. Quali sono le sue riflessioni su questa data?
«Quando si parla della Chiesa valdese, il mio atteggiamento è stato, fino a qualche anno fa, quello di riconoscere l’origine dei valdesi nel Medioevo ma di vedere la loro fede determinata dal pensiero di Calvino. Oggi dopo le ricerche e una profonda revisione storiografica, anche grazie alla recente pubblicazione di una nuova storia dei Valdesi*, abbiamo riscoperto la forza delle origini. Dobbiamo trasformare la nostra prospettiva o restare quali siamo stati negli ultimi decenni? Secondo me le ricerche su Valdo di Lione, condotte da tanti colleghi e studiosi, ci riavvicinano a certe parole di Cristo spesso trascurate, ad esempio: “Vendi ciò che hai e dallo ai poveri”. Queste parole indicano a tutti i cristiani la necessità di essere modesti perché la ricchezza finisce per essere idolatria e sottolineano come nessuno possa affidarsi alle sue ricchezze».
– È quindi necessario riportare al centro della vita cristiana questo insegnamento e concretizzarlo nella vita sociale?
«Si potrebbe dire che Gesù abbia insegnato la modestia, piuttosto che la povertà, la modestia per tutti i membri della sua chiesa che permette a chi ha di più di soccorrere il prossimo in modo che tutti possano vivere in modo dignitoso e non ci siano differenze esagerate tra i più ricchi e i più poveri. Forse possiamo soltanto considerare l’eccezione dei missionari, per i quali la povertà è necessaria come strumento di lavoro per evitare il sospetto che lo facciamo per arricchirsi. Sembra che la scelta radicale della povertà sia stata effettivamente praticata da Valdo e dai suoi seguaci e successori, ma in seguito, con i travagli subiti dal XV secolo in poi, questo aspetto è stato via via lasciato cadere, preferendo il pensiero della Riforma a quello più radicale del messaggio di Cristo.
Personalmente, vorrei che oggi si tornasse all’atteggiamento dei primi valdesi, più vicino al messaggio evangelico, perché ci aiuterebbe a insegnare non soltanto ai credenti, ma al modo intero un modo di vivere i rapporti economici e sociali, atteggiamento che, tra l’altro, sarebbe anche molto più vicino a una posizione pacifista che non la contrapposizione tra ricchi e poveri».
– Se le scelte di Valdo e dei primi valdesi apparivano e appaiono ancor oggi molto difficili, come possiamo viverle oggi, come comunità e come singoli?
«Naturalmente, nell’affermare l’importanza di questa scelta dei primi valdesi, è necessario rendersi conto che la lotta non è solo contro le ricchezze esagerate, ma è in fondo contro qualsiasi superiorità economica nei confronti del prossimo. Questo desiderio di superiorità è però così radicato nella tradizione, negli insegnamenti e nella prassi dell’umanità che combatterlo sembra un’impresa disperata, eppure è forse una delle principali caratteristiche di una comunità ispirata dalla condotta di Gesù Cristo. Perciò, se da un lato sento di voler predicare questa scelta, d’altro canto ho comprensione per chi, nel tempo presente, non può avere la possibilità di realizzarla. È un atteggiamento che sembra impossibile ed estraneo alla vita delle persone, ma è quello che Cristo suggerisce ai suoi discepoli».
*Vedi il primo volume Storia dei Valdesi. “Come nuovi apostoli”, a cura di Francesca Tasca, Claudiana 2024