Disporre il proprio cuore alla ricerca di Dio

Un giorno una parola – commento a I Cronache 22, 19

 

Disponete dunque il vostro cuore e l’anima vostra a cercare il Signore vostro Dio

I Cronache 22, 19

 

Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti: Gesù da Nazaret, figlio di Giuseppe»

Giovanni 1, 45

 

 

Sono le parole che Davide rivolge a quanti dovranno costruire il Tempio. Il cantiere verrà aperto in futuro, una volta uscito di scena Davide, sotto il regno di Salomone. Ma fin da ora occorre prepararsi. Non è questione di racimolare il materiale necessario per la costruzione ma di allestire il cantiere del cuore, disponendolo alla ricerca di Dio.

 

La Scrittura è particolarmente attenta alle condizioni di possibilità di un’impresa, a ciò che sta prima e rende possibile quanto avviene dopo. Prima liberati dei tuoi troppi beni, poi seguimi. Prima cerca la sola cosa necessaria, poi fai il resto. C’è un “prima” e un “poi”. A questa sapienza sembra attingere Davide che antepone al Tempio la ricerca di una relazione autentica, esistenziale con Dio. Ma a noi che leggiamo queste parole, un sospetto s’insinua nella solennità del comando regale. Davide sa che non sarà lui a costruire il Tempio. L’aveva desiderato; non si dava pace di abitare in un palazzo, mentre il Re del mondo stava in una tenda. Ma al guerriero che aveva sparso sangue Dio non concede questo privilegio. Spetterà al figlio, che sarà uomo di pace.

 

E se Dio ha deciso così, non c’è niente da fare. Ecco allora che l’astuto Davide fa di necessità virtù. Il Tempio, sì, è importante. Ma lo è molto di più disporre il proprio cuore alla ricerca di Dio. Un’interpretazione all’insegna del sospetto non può che far sorgere un mezzo sorriso sulle nostre labbra, una volta intravista l’ironia del testo. Un’ironia che, insieme al sorriso, ci lascia un retrogusto di amaro. Quante nostre affermazioni solenni sono state dettate da motivazioni personali nascoste, da astuzie più o meno consapevoli.

 

La Scrittura ci insegna la difficile arte di saper ridere di noi stessi, dei nostri altisonanti propositi, delle grandi parole con cui raccontiamo la nostra fede. Persino il nobile compito di predisporre il cuore perché si lasci raggiungere da Dio può risultare nient’altro che la copertura di un cuore ripiegato su se stesso! Fuori dall’ironia non c’è salvezza! Amen.