Gioia e riconoscenza fanno rima con impegno e responsabilità

Uno sguardo complessivo sulla sessione di formazione ecumenica del Sae tenutasi in luglio a Camaldoli

 

 

Per la sua sessantesima Sessione di formazione ecumenica, il Segretariato attività ecumeniche (Sae) è tornato al Monastero di Camaldoli, sede in sintonia con il tema «Una terra da abitare e custodire. Il Signore Dio prese l’essere umano e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse (Gen 2, 15)».

 

Ogni giorno nel “giardino” donne e uomini hanno innalzato la lode a Dio per la sua creazione. Non da soli, ma in sintonia con il torrente, con il vento che fa danzare gli alberi e con gli uccelli che nidificano in quell’oasi. Il salmo 104 del Salterio, che ha aperto la celebrazione del Vespro ortodosso presieduto dal vescovo Athenagoras Fasiolo, ha nominato quelle voci; i colori dell’arcobaleno che hanno scandito le celebrazioni hanno posto l’attenzione sui diversi elementi naturali. Il luogo accogliente ha favorito le relazioni, con il valore aggiunto della presenza dei monaci che hanno preso parte alle liturgie; due di loro – il priore dom Matteo Ferrari e il monaco Claudio Ubaldo Cortoni – hanno raccontato che cosa significa vivere nella foresta.

 

Il gruppo misto liturgico – la coppia pastorale battista Dianet Martinez Valdés e Simone De Giuseppe, i cattolici Alessandro Martinelli, Margherita Bertinat ed Edda Possamai – ha posto l’accento da un lato sulla bellezza del creato, dall’altro sulle responsabilità umane: «Si guarda la creazione con lo sguardo del profitto, del guadagno personale, dello sfruttamento, dell’interesse, e si cade preda del gioco dei potenti di questa Terra, consumando le risorse senza pensare alle generazioni che verranno dopo e contaminando tutto: il suolo, le acque, l’atmosfera e il firmamento». Per questo si è chiesto perdono, ed è stato invocato l’aiuto divino a essere «critici, empatici, consapevoli e di incidere a favore di una distribuzione giusta, equa e solidale delle risorse che abbiamo sul pianeta».

 

Partendo dalle Scritture e dalle teologie – Athenagoras Fasiolo e Simone Morandini – si è poi passati a una lettura politica (Debora Spini) ed ecologica (Marco Marchetti) della crisi climatica e sociale attuale causate dall’agire umano, per poi esaminare il pensiero e le pratiche delle Chiese e delle religioni sulla salvaguardia del creato. Comune a tutti è la convinzione che la crisi ecologica sia anche una crisi spirituale e morale, causata dalla perdita della connessione tra l’essere umano, il Creatore e il creato. Sono stati criticati l’antropocentrismo predatore, che sarebbe da convertire in un “antropocentrismo situato”, definizione della Esortazione apostolica Laudate Deum citata in alcuni interventi. Diversi sono i paradigmi teologici in seno alle Chiese protestanti, ha detto la pastora Letizia Tomassone che si è soffermata sul concetto di interconnessione rifacendosi alle teologie eco-femministe che vedono gli esseri umani come “co-creatori creati”. Per il pastore avventista Davide Romano «è necessario creare e riscoprire una grammatica della solidarietà tra le creature, in un mondo in cui il peccato mette comunque le creature in una tensione competitiva tra di loro».

 

Dal tavolo interreligioso – buddhismo, induismo e Islam – è emersa la necessità dell’assunzione della nonviolenza e di una radicale trasformazione e presa di responsabilità delle religioni.

 

La pastora Dorothee Mack, in servizio a Karlsruhe, ha spiegato le pratiche ecologiche in atto nella Chiesa evangelica del Baden, la realizzazione di un fornitore di energia senza scopo di lucro in partenariato con altre chiese evangeliche e diocesi cattoliche e l’istituzione di una legge ecclesiastica per la promozione della protezione del clima con l’obiettivo di raggiungere la neutralità di CO2 entro il 2040. Don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, ha citato le Comunità energetiche rinnovabili e il tavolo di studio “Custodia del creato”. Tornando a valle, ha concluso la presidente Erica Sfredda, «accanto alla consapevole responsabilità e all’impegno ci è richiesta la gioia e la riconoscenza verso il Signore».