Ascoltare la parola di Dio e metterla in pratica
Un giorno una parola – commento a Luca 11, 28
I precetti del Signore sono giusti, rallegrano il cuore
Salmo 19, 8
Gesù dice: «Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica!»
Luca 11, 28
Noi che ci definiamo chiese della Parola siamo particolarmente sensibili ai riferimenti all’ascolto. Da qui nasce la fede. Ed è sull’ascolto della Parola che si gioca la nostra esperienza ecclesiale. Ma, una volta detto questo, ecco sorgere l’interrogativo su cosa significhi ascoltare, quali gli impedimenti e come, invece, si possa favorire un reale ascolto.
La beatitudine espressa da Gesù riguardo coloro che si mettono in ascolto della parola di Dio compare al centro di una scena, in cui il senso dell’ascolto viene per così dire illuminato dalle parole che precedono e da quelle che seguono. Quel cuore funziona se non viene strappato dal corpo che anima.
Le parole che precedono la beatitudine sono quelle di una donna della folla che ascolta Gesù, quasi portavoce di un sentire comune: «Beato il grembo che ti portò e le mammelle che tu poppasti». Cioè: beata la madre che ti ha generato; un altro modo per dire: beato te, Gesù, Maestro sapiente, con un seguito di discepoli considerevole. La storia, a volte, ci delizia con personaggi carismatici, che s’impongono all’attenzione di tutti. Insieme allo stupore, intuiamo il retro-testo delle parole della donna: “noi, invece…”, noi non sperimentiamo questa beatitudine; possiamo solo essere spettatori di quell’umanità beata composta da figure eccellenti, fuori dalla norma.
A queste parole che celebrano il destino, Gesù contrappone la beatitudine dell’ascolto, ovvero di una destinazione possibile per tutte e tutti. E subito dopo fa seguire un’ulteriore precisazione: la parola di Dio, una volta ascoltata, va messa in pratica.