Guardare indietro al futuro
La Giornata teologica «Giovanni Miegge» è stata dedicata a un convegno internazionale sugli 850 anni del movimento valdese
«Uno sguardo indietro al futuro»: dietro questo titolo sta il senso non solo del convegno storico internazionale che quest’anno ha costituito la «Giornata teologica internazionale Giovanni Miegge», ma di tutte le manifestazioni organizzate in occasione degli 850 dalla nascita del movimento valdese. Una tensione tra passato, o più esattamente tra storia, e futuro, non semplicemente come momento temporale avanti a noi, ma inteso come progettualità.
Il tema della “coscienza storica” è risuonato in più di un intervento, a partire da quello iniziale della moderatora della Tavola valdese, Alessandra Trotta. Una visione del passato, ha detto, non slegato dal presente, ma essenziale per capirlo e costruire quello che verrà dopo.
Per raccontare, o meglio per leggere questi 850 anni, analogamente a quanto si è fatto con i 4 volumi della nuova storia dei valdesi pubblicata dalla Claudiana, è stato privilegiato uno sguardo “da fuori”: per uscire “dal nostro recinto” (per usare ancora un’espressione della moderatora), ma anche (forse soprattutto, nel caso del convegno) per rendere l’idea della rete in cui la realtà valdese e metodista è inserita, come peraltro dimostra la nutrita presenza di ospiti stranieri al Sinodo di quest’anno.
L’adozione di questo sguardo esterno è solo una delle numerose scelte che sono state fatte, ha ricordato il pastore Michel Charbonnier, moderatore del convegno, per celebrare l’anniversario: fin dalla decisione di celebrarlo, e in un certo modo (magari a scapito di altre ricorrenze), come «riflessione critica sulla nostra storia, alla luce del presente e per guardare al futuro». In continuità, del resto, con lo spirito delle “tradizionali” giornate Miegge.
Sono stati scelti, quindi, tre temi di riflessione: l’ecumenismo, i legami internazionali con altre chiese, il rapporto tra chiesa e società, cominciando con un ricco inquadramento generale in cui il prof. Paolo Naso (Università La Sapienza Roma) ha ricordato ancora una volta l’importanza della storia (e in particolare della storiografia) nella realtà valdese, ma anche metodista, testimoniata dalla ricchezza editoriale (centri culturali, pubblicazioni, centri di documentazione…). Richiamando la già citata opera in 4 volumi della Claudiana (con un focus particolare sul 4°, di cui è curatore), Naso ha avvertito tra l’altro, sui rischi del “presentismo” (in altri momenti del convegno definito “dittatura dell’eterno presente”).
Gli interventi successivi hanno ripercorso alcune fasi di questa storia, a partire dal prof. Euan Cameron (Union Theological Seminary, New York), che ha raccontato la transizione cruciale dei valdesi da movimento (clandestino) a chiesa (pubblica), citando una parola già usata da Naso e in occasione delle presentazioni della Storia dei valdesi: rottura, frattura. Un concetto che però può trarci in inganno: come ha sottolineato Cameron, cambiamenti epocali come l’adesione alla Riforma protestante non sono stati improvvisi, ma processi graduali e progressivi, lunghi anni, con intensi dibattiti. Una lezione che dovremmo ricordare anche oggi, ossessionati dalle decisioni tempestive, dal “tutto subito”.
L’importanza della dimensione ecumenica è stata affrontata dal prof. Antonio Autiero (Università di Münster), che ha riflettuto sul concetto di “riforma” (minuscola e maiuscola, singolare e plurale), «iscritto nel codice di vita e nel canone di coscienza di sé di ogni chiesa», e non fatto occasionale, muovendosi “tra fedeltà e creatività, memoria e profezia”, e ricordando che «gli 850 anni di storia valdese riguardano tutte le comunità dei credenti e sono un dono per tutti». Un arricchimento da mettere a frutto nei vari contesti ecclesiali.
La prof.ssa Marta Margotti (Università di Torino) ha preso in esame l’ultimo decimo di questa lunga storia, in un’epoca che pone «interrogativi angoscianti»: sei generazioni, caratterizzate dalla stretta relazione fra “chiesa e società” sotto vari aspetti: l’antifascismo (e la problematica collocazione della Chiesa valdese, ricordata anche in questa occasione), l’impegno delle donne, il pacifismo, le lotte per i diritti civili, l’ambiente, le sfide della multiculturalità, la bioetica, l’accoglienza di migranti e rifugiati, i diritti delle persone Lgbtqi. Concludendo, torna il tema della scelta: «La chiesa di oggi è frutto della sedimentazione e dalla selezione delle scelte del passato».
Sull’attualità ha riflettuto anche la pastora (unica in tale ruolo) Emmanuelle Seyboldt, presidente del Consiglio della Chiesa protestante unita di Francia, parlando delle posizioni assunte dall’Epudf in occasione della recente crisi politica e verso la crescita dell’estrema destra, e le reazioni ricevute: un’interessante diversificazione, che andava dal sostegno vis-à-vis, alla varietà di reazioni sui social, alle più di cento email, tutte negative e accusatorie (di immischiarsi nella politica, di essere antisemiti, di non aver denunciato le minacce dell’estrema sinistra…), e i toni dei “difensori del cristianesimo” che assomigliano molto a quelli nostrani, attaccati più a tradizioni e simboli che al messaggio biblico (che in genere non hanno mai letto, puntualizza Seyboldt). Verso la fine del suo intervento ha poi suggerito un bel “vademecum” anche per le nostre chiese, citando i 14 punti di Umberto Eco per riconoscere le radici del fascismo, contrapposti a quello che possono (e devono) fare le chiese aderendo al Vangelo, rispetto alla tradizione, allo spirito critico e democratico, al rifiuto di un’ideologia di paura, guerra permanente ed esclusione, alla convivenza complessa di diverse opinioni.
Suggeriamo di andare ad ascoltarlo sul canale youTube della Chiesa evangelica valdese, dove si trova la registrazione di tutto il convegno.