Quasi la metà dei migranti nel mondo è cristiano

È quanto emerge dalla nuova indagine pubblicata dal Pew Research Center

 

Secondo un nuovo studio del Pew Research Center pubblicato lunedì 19 agosto, i 280 milioni di immigrati nel mondo hanno una percentuale maggiore di cristiani, musulmani ed ebrei rispetto alla popolazione generale.

 

Mentre i cristiani costituiscono circa il 30% della popolazione mondiale, secondo gli ultimi dati raccolti nel 2020, i migranti cristiani nel mondo sono il 47%.

Dallo studio è emerso che i musulmani costituiscono il 29% della popolazione migrante ma il 25% della popolazione mondiale.

 

Mentre gli ebrei, che rappresentano solo lo 0,2% della popolazione mondiale ma l’1% dei migranti, sono di gran lunga il gruppo religioso che più probabilmente è emigrato, con il 20% degli ebrei di tutto il mondo che vive al di fuori del proprio paese di nascita rispetto al solo 6% dei cristiani e al 4% dei musulmani.

Un 4% dei migranti risulta poi essere buddista, in linea con la popolazione generale, e il 5% indù, rispetto al 15% della popolazione mondiale.

 

Sebbene le persone immigrano per molte ragioni, tra cui opportunità economiche, ricongiungimento familiare e fuga da violenze o persecuzioni, la religione e la migrazione sono spesso strettamente collegate, rileva il rapporto. I migranti statunitensi hanno molte più probabilità di avere un’identità religiosa rispetto alla popolazione nata in America in generale.

 

L’afflusso di migranti religiosi può avere un impatto significativo sulla composizione religiosa dei paesi di destinazione. Nel caso degli Stati Uniti, “gli immigrati stanno in un certo senso frenando la secolarizzazione”, ha affermato Stephanie Kramer, ricercatrice dello studio.

Mentre circa il 30% degli individui negli Stati Uniti nel complesso si identifica come ateo, agnostico o religiosamente non affiliato, solo il 10% dei migranti negli Stati Uniti si identifica con queste categorie.

 

Il Centro di studi statunitense con sede a Washington che fornisce informazioni su problemi sociali, opinione pubblica, andamenti demografici sugli Stati Uniti ed il mondo in generale, ha studiato i dati di 270 censimenti, stimando la composizione religiosa dei migranti da 95.696 combinazioni di 232 paesi e territori di origine e destinazione.

L’analisi si è concentrata sul numero totale di persone che risiedono come migranti internazionali (stock), piuttosto che sui “flussi”, numeri misurati in un periodo specifico. Questa metodologia ha permesso loro di studiare tutti gli adulti e i bambini che vivono al di fuori del loro paese di nascita, indipendentemente da quando sono immigrati.

 

«Non siamo interessati solo alla composizione religiosa delle persone arrivate in un Paese di destinazione nell’ultimo anno o negli ultimi cinque anni», ha spiegato Kramer. Secondo il rapporto, la misurazione dello “stock” totale di migranti riflette cambiamenti più lenti, «modelli che si sono accumulati nel tempo».

Dallo studio è emerso che i migranti si spostano frequentemente verso paesi in cui la loro identità religiosa è già rappresentata e prevalente. Ad esempio, Israele è la destinazione principale per gli ebrei, con il 51% dei migranti ebrei (1,5 milioni) che risiedono lì, mentre l’Arabia Saudita è la destinazione principale per i musulmani, con il 13% (10,8 milioni) residente nell’area.

 

Cristiani e migranti non affiliati a nessuna religione condividono Stati Uniti, Germania e Russia come le tre principali destinazioni.

La maggior parte dei migranti cristiani nel mondo provengono dal Messico e si stabiliscono negli Stati Uniti, ha evidenziato il Pew Research Center. In genere cercano lavoro, maggiore sicurezza o ricongiungimento con i membri della famiglia. Nel frattempo, il 10% dei migranti musulmani nel mondo (8,1 milioni) sono nati in Siria, in fuga dal conflitto regionale scoppiato nel 2011.

 

Il rapporto attribuisce gli alti tassi di migrazione ebraica in parte alla Legge del Ritorno di Israele, che garantisce agli ebrei il diritto di ricevere automaticamente la cittadinanza e di fare l’aliyah (immigrazione o ritorno degli ebrei dalla diaspora verso la Terra di Israele, ndr.).

Nel 2020, circa 1,5 milioni di ebrei nati al di fuori di Israele vivono ora entro i confini del paese. I migranti ebrei in Israele provengono spesso da ex repubbliche sovietiche, come l’Ucraina (170.000) e la Russia (150.000). Gli Stati Uniti hanno la seconda più alta popolazione di migranti ebrei (400.000), di cui un quarto proviene da Israele.

 

In generale, tuttavia, Kramer ha affermato che i livelli di immigrazione tra i gruppi religiosi sono rimasti abbastanza stabili nel tempo. Nonostante i numeri consistenti, la ricercatrice ha sostenuto la realizzazione di questo studio a seguito della popolarità di un rapporto del Pew Research Center del 2012, Faith on the Move. I due studi hanno utilizzato metodologie diverse e Kramer ha descritto Faith on the Move come una “istantanea” del binomio “religione e immigrazione” nel 2010.

«Molte persone hanno chiesto un aggiornamento e riceviamo molte domande relative alla religione e alla migrazione», ha affermato. Nonostante la richiesta di dati, “Faith on the Move è stato davvero l’ultimo rapporto che abbiamo pubblicato incentrato su questo tema».

 

Molti dei risultati del nuovo rapporto sono simili allo studio del 2012 e Kramer li ha trovati relativamente non sorprendenti. «Anche dai dati più vecchi si può vedere che le minoranze religiose erano molto più propense a lasciare il loro paese di origine e a migrare in un paese in cui la loro identità religiosa era più diffusa», ha affermato.