La voce profetica della PcUsa: Giustizia e Pace in Palestina e Israele
L’impegno della Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti nelle parole del suo coordinatore d’area per l’Europa e il Medio Oriente
In uno dei miei numerosi viaggi in Palestina e Israele, mi è capitato di visitare Hebron, città millenaria e testimone del passaggio di popoli e imperi. Una città oggi sacra per le tre grandi religioni monoteistiche abramitiche, ma profondamente lacerata. Chi si addentra nelle sue stradine strette, un tempo animate da mercati affollati, si imbatte in un paesaggio desolante. I negozi chiusi, le saracinesche abbassate, le vie vuote: tutto parla di occupazione militare e tensioni infinite. Ma ciò che più colpisce sono le reti di protezione che i palestinesi hanno dovuto installare per difendersi dai lanci di bottiglie piene di urina e cocci di vetro. Gesti che trasmettono un messaggio inequivocabile: “Faremo di tutto per scacciarvi”. E poi ci sono le scritte sui muri, orribili inviti a “gassare gli arabi”, coloni che fanno jogging armati di kalashnikov nei loro complessi abitativi, illegali secondo il diritto internazionale, probabilmente cittadini statunitensi che godono di diritti negati agli indigeni palestinesi.
Delineare le posizioni della Chiesa Presbiteriana USA (PCUSA) riguardo a Palestina e Israele non è un compito facile. Queste posizioni sono il frutto di un lungo percorso di impegno, sensibilizzazione e riflessione teologica. Un cammino che non può essere compreso appieno senza considerare il contesto storico e il lavoro svolto molto prima degli eventi drammatici del 7 ottobre 2023. Viaggi come quello a Hebron, spesso organizzati in collaborazione con l’organizzazione Kairos Palestine e altri partner locali, hanno contribuito a formare la visione della PCUSA. Queste esperienze sul campo, fatte di incontri diretti con la popolazione palestinese, hanno portato la chiesa a prendere, durante la 225ª Assemblea Generale nel 2022, una posizione netta contro quello che definisce un sistema di apartheid praticato dallo Stato di Israele.
Questa decisione segue decenni di risoluzioni e prese di posizione, frutto dell’impegno di membri della chiesa sensibilizzati alla tragedia del popolo palestinese. Questa posizione si allinea all’analisi di tre importanti organizzazioni per i diritti umani: Amnesty International, Human Rights Watch e l’israeliana B’Tselem.
Secondo lo Statuto di Roma del 1998 e la Convenzione Internazionale del 1973, l’apartheid è un sistema che stabilisce e mantiene il dominio di un gruppo razziale su un altro, opprimendolo sistematicamente. La PCUSA ha rilevato che questo avviene in Israele/Palestina attraverso: l’istituzione di due sistemi legali distinti, uno per israeliani e uno per palestinesi; l’espropriazione delle terre e delle risorse idriche palestinesi per insediamenti ebraici; la negazione della libertà di residenza ai palestinesi; la divisione della popolazione lungo linee razziali, creando ghetti separati; e la negazione del diritto alla nazionalità per i palestinesi. Oltre che a tante violazioni dei diritti tra cui la costruzione di barriere geografiche come il muro, soprannominato dell’annessione tra i tanti nomignoli, che attraversa e divide le terre intorno a Betlemme e a Gerusalemme.
Nonostante le difficoltà e il disorientamento causato dagli orribili e inaccettabili attacchi di Hamas, la PCUSA ha continuato a sostenere un cessate il fuoco immediato a Gaza, a chiedere il rilascio degli ostaggi israeliani e a esortare l’amministrazione Biden a cessare l’invio di armi a Israele. Ha inoltre amplificato la voce dei partner palestinesi, che hanno denunciato il silenzio delle chiese occidentali e la complicità nel permettere a Israele di agire impunemente.
Un aspetto cruciale del lavoro della PCUSA è la sua critica al sionismo cristiano, un’ideologia che collega in modo distorto il moderna stato di Israele all’Israele biblico. Durante la 226ª Assemblea Generale, la chiesa ha ulteriormente rafforzato il rifiuto del sionismo cristiano, sottolineando l’importanza di distinguere tra l’antico Israele e lo stato moderno per evitare pericolosi equivoci.
L’impegno della PCUSA trascende la denuncia. Si allarga all’educazione e alla sensibilizzazione all’interno della chiesa stessa. La chiesa ha promosso studi per far comprendere meglio la realtà dell’apartheid israeliana e le sue implicazioni globali, collegando il colonialismo in Palestina ad altre esperienze coloniali storiche, come quelle vissute dagli indigeni nelle Americhe. Di particolare importanza è stato il contributo dei partner ebrei statunitensi, come Jewish Voice for Peace e Rabbini per il Cessate il Fuoco, che hanno dimostrato grande coraggio nel denunciare il genocidio in atto a Gaza.
In definitiva, la posizione della PCUSA su Palestina e Israele è il risultato di un impegno costante per la giustizia, alimentato da una profonda connessione con la realtà vissuta dai palestinesi, per una terra in cui entrambi i popoli possano vivere in pace. Una chiesa che continua a sostenere la pace e la giustizia, nonostante le pressioni esterne, mantenendo la sua voce profetica in un mondo sempre più diviso e polarizzato.