Consacrazioni al Sinodo
La presentazione dei due candidati pastori valdesi che al Sinodo di fine agosto saranno consacrati al ministero
Durante il culto di apertura del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, domenica 25 agosto 2024, dopo l’esame di fede nella mattina del giorno precedente e i sermoni di prova tenutisi in giugno, saranno consacrati i candidati al ministero pastorale Kassim Conteh e Maliq Meda.
Si tratta di due giovani dalle provenienze geografiche e religiose e dai percorsi esistenziali molto diversi, entrambi arrivati in Italia da bambini: qui hanno fatto il loro percorso di istruzione e crescita, formando la loro identità in un intreccio di culture e accenti che si accrescerà ulteriormente durante il loro ministero. Due figli dell’«Essere chiesa insieme», che arricchisce le comunità protestanti italiane di nuove sensibilità, tradizioni e esperienze.
Qui di seguito le loro presentazioni.
Maliq Meda. Una vocazione che nasce dall’incontro di vie diverse
Sono nato a Peshkopi, una cittadina nel Nord-Est dell’Albania, in una famiglia musulmana che potrei definire non o parzialmente non praticante. In effetti, l’Islam famigliare è sempre stato più tradizione che pratica, complice l’ateismo di Stato imposto dalla dittatura di Enver Hoxha caduto nel 1990, anno della mia nascita. Sono arrivato in Italia con i miei genitori e mia sorella nel 2000. Dopo un quinquennio trascorso in Campania, ci siamo trasferiti a Genova, dove diciannovenne ho iniziato a frequentare, grazie a una rete di amicizie, la Iglesia evangélica hispano americana.
Crescendo, non nutrivo grande interesse per la moschea prima e tantomeno per la chiesa poi. Tuttavia, mi ha sempre accompagnato la dimensione della preghiera a un dio, al quale non davo un nome e iniziando a frequentare la Iglesia ho incontrato uno spazio/tempo dove poter coltivare questa dimensione della mia spiritualità: il dio ignoto prese progressivamente il volto e il nome di Cristo Gesù. Lo studio della teologia poi mi ha permesso di approfondire da diverse prospettive qualcosa che mi stava cambiando, cambiava il modo di vedere la vita, gli altri e il mio mondo, oltre che soddisfare la mia curiosità intellettuale. Un percorso che ha contributo alla maturazione della mia vocazione e fede nate da una conversione non tanto nel passaggio dall’Islam al Cristianesimo, quanto in un cambiamento esistenziale dato dall’incontro di due vie diverse: quella della mia personale ricerca e quella dello Spirito che soffia dove vuole.
Dalla mia personale storia, ho imparato, spinto anche dall’esigenza, a costruire legami e ponti nonostante e attraverso le differenze. Testimonianza o vocazione missionaria, intercultura, pastorale e ecclesiologia, sono tutti elementi a mio avviso interdipendenti e che hanno avuto un ruolo di rilievo nel mio percorso di fede e accademico. Ma sono anche elementi che costituiscono per buona parte l’identità di una chiesa. Le sfide che pongono non sono certo di immediata soluzione e richiedono una certa capacità di saper rinnovare senza snaturare la propria identità.
Come? Non saprei. Tuttavia, mi viene in mente qui Gv. 8, 31 «[…] Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli». Un versetto a me caro perché mi ricorda che la parte di me in quanto credente vive di questa coabitazione con la Parola e nella Parola che mi plasma continuamente se e quando mi lascio plasmare da essa. Allora anche quando tutto cambia, quando il mondo e le persone intorno a me cambiano, quando io cambio e quando la mia relazione di fede con Cristo cambia e si evolve, essa rimane comunque e sempre e in qualche modo punto di partenza, di arrivo e di ritorno. Perché molte cose, anche se doloroso, possono cambiare e a volte devono cambiare, ma ci sono alcuni aspetti che sono solo miei, che non cadono e che mi permettono di riconoscermi per quello che sono, perché nascono e vivono in relazione al nostro Signore la cui fedeltà non viene meno.
Kassim Conteh. C’è sempre qualcosa di nuovo da imparare
Ciao a tutti, mi chiamo Kassim e sono di origini sierraleonesi anche se ho antenati provenienti dall’Inghilterra e dal Libano. In Italia sono arrivato all’età di 7 anni a causa della guerra civile nel mio paese. Qui ho abitato nel milanese, frequentato le scuole dell’obbligo fino al conseguimento del diploma in elettrotecnica ed automazione. La mia chiesa è stata da sempre quella metodista. Mia nonna è cresciuta insieme ai missionari metodisti e grazie a lei l’intera nostra famiglia è sempre stata connessa a questa realtà di fede. In Italia abbiamo scoperto solo qualche anno dopo il nostro arrivo l’esistenza di una chiesa della nostra stessa denominazione. Da quando abbiamo cominciato a frequentare i culti, il legame con questa nuova realtà si è fatto sempre più intenso, al punto da portarmi nel 2013 a intraprendere il cammino per il pastorato.
Come si può intuire, nasco e cresco in una famiglia con una grande fede e impegno verso la chiesa e verso la società. Mia nonna era Reverendo (pastora), mia mamma è stata predicatrice locale… ciò però non mi ha condizionato o messo pressione nell’intraprendere questo nuovo percorso perché il mio cammino col Signore era iniziato già da tempo e il mio sì alla “chiamata” non è stato altro che il proseguo naturale di un’avventura partita ancor prima che ne fossi consapevole. Ricordo ancora lo sguardo speranzoso di mia madre mentre mi dice «devi decidere tu cosa senti di fare», quando le dissi che la pastora di allora – Eliana Briante – mi aveva proposto di intraprendere gli studi di teologia.
Gli anni di studio a Roma e Birmingham (Inghilterra) sono stati intensi. Oltre all’aspetto accademico, il lasciare casa per immergersi in nuove e differenti realtà con le loro sfide e le loro particolarità/unicità mi ha aiutato a crescere e comprendere meglio la complessità che si cela dietro la realtà di chiesa. Una realtà che pone costantemente domande su se stessa, ricevendo spesso risposte non univoche a motivo delle specificità di ogni suo componente che differenziano ma che delle volte arricchiscono ulteriormente i vari contesti. Ora che sono agli sgoccioli del mio periodo di prova nella chiesa valdese di Angrogna, pur avendo qualche strumento in più rispetto all’inizio del mio percorso, sono consapevole del fatto che c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare.
Le mie esperienze passate mi hanno aiutato e favorito nel mio rapportarmi con la realtà valdese delle valli. Sento di aver instaurato un buon rapporto con la comunità angrognina e che insieme si sta compiendo un buon cammino comune. Per questo sarò sempre grato, ogni volta che mi si presenterà l’occasione, di incontrare nuove persone che con la loro esperienza e il loro punto di vista possono aiutarmi, fraternamente, a crescere ulteriormente nel mio servizio verso le nostre chiesa e verso il nostro Dio.