K2. A settant’anni dalla prima salita della “montagna degli italiani”

 

Cai e Ministro del Turismo hanno patrocinato una spedizione tutta femminile

Il 31 luglio del 1954 gli italiani Compagnoni e Lacedelli toccavano per primi la cima del K2, la seconda montagna più alta del mondo, dopo l’Everest, cambiando la percezione dell’alpinismo per il popolo italiano. Una spedizione “pesante”, nazionale, tesa a voler conquistare la cima ma soprattutto per affermarsi come Nazione.

 

La retorica della conquista era in quegli anni diffusa e ogni Stato si concentrava in vari ambiti per manifestare, anche con azioni per certi versi pacifiche come l’alpinismo, il proprio predominio. L’Everest agli inglesi (neozelandese e nepalese per la precisione), il Nanga Parbat ai tedeschi (che pagano un tributo di vite umane incredibile, e verranno beffati dal fuoriclasse austriaco Hermann Buhl in una spedizione proprio austro-tedesca), l’Annapurna ai francesi (i primi a salire su uno dei 14 ottomila…) il K2 agli italiani. Una cima da conquistare tutti i costi, con uno strascico infinito di polemiche e di tensioni che quasi costarono la pelle al giovanissimo e determinante Bonatti e non fecero neppure partire Cassin e Maestri, due punte di diamante, trattenuti in Italia con false cartelle mediche (per dire del clima…).

 

La spedizione è un assedio in piena regola, lontano anni luce dallo stile alpino portato alle alte quote alcuni decenni successivi da un altro italiano illustre nel mondo verticale: Messner. Nove campi intermedi per l’assalto alla vetta, corde fisse, una teleferica per il trasporto materiale in quota, una disciplina militare con un capo (spedizione) a tutti gli effetti che decide: Ardito Desio (che di mestiere era geologo). La cima viene conquistata il 31 luglio del 1954, da Compagnoni e Lacedelli, con Bonatti e Amir Madhi del popolo Hunza che passano una terribile notte all’addiaccio a oltre 8000 metri da cui nascono le infinite polemiche fra Bonatti, il Cai e i due che raggiunsero la vetta.

 

 

I tempi intanto cambiano velocemente anche alle alte quote e si esauriscono le grandi spedizioni nazionali (tranne i polacchi che si specializzano per le prime salite invernali) per lasciare spazio ad altro. L’Italia e il Cai però sono sempre legati a doppio filo con il K2. Nel 2004 viene organizzata una spedizione per celebrare i 50 anni dalla prima salita: dopo due anni alcuni scalatori tornano a calcare la cima di una delle montagne più difficili del mondo: Silvio Mondinelli, Karl Unterkircher, Walter Nones, Ugo Giacomelli e Michele Compagnoni. E arriviamo al 2024, settantesimo della salita. Il Cai, con l’appoggio del Ministero del Turismo, per celebrare la ricorrenza ha deciso di patrocinare e organizzare una spedizione totalmente al femminile, guidata da Agostino Da Polenza (primo italiano a salire la parete nord, il 31 luglio (!) 1983 in stile alpino). Su Da Polenza vale la pena spendere ancora due parole: con Desio ha fondato il progetto Comitato Ev-K2-CNR, che si occupa di ricerca scientifica, tecnologica e di cooperazione in Himalaya, Karakorum e Hindu Kush.

 

Tornando alla spedizione femminile essa era composta da otto alpiniste, quattro italiane e quattro pakistane, a sottolineare lo stretto rapporto con il Paese che ospita il colosso montuoso: Anna Torretta, Federica Mingolla, Silvia Loreggian e Cristina Piolini e dalle pakistane Samina Baig, Amina Bano, Nadeema Sahar e Samana Rahim. Le cose non sono andate bene, alpinisticamente parlando. Il cattivo tempo non ha permesso alle alpiniste italiane (le pakistane hanno rinunciato fin da subito) di arrivare in cima. Il tentativo principale di Mingolla e Loreggian si è arenato a 7300 metri, per problemi legati al mal di montagna a causa dell’acclimatazione insufficiente. Le due alpiniste salivano senza l’uso dell’ossigeno, il che amplifica le difficoltà alle alte quote.  

 

Rientrate al campo base sane e salve si attendono ora sviluppi sul prosieguo della spedizione, anche se ormai la sorte sembra segnata.

Nonostante i 70 anni trascorsi dalla prima salita e i passi in avanti fatti nell’ambito delle tecniche e dei materiali, salire su una cima così alta rimane ancora aleatorio e assai rischioso (è notizia di questi giorni sempre dal K2 la scomparsa di due fuoriclasse giapponesi e sono ore di trepidazione per la mancanza di notizie da parte di due italiani Majori e Secchi. Proprio Secchi era salito domenica 28 sulla cima, raggiunta anche da un altro italiano, Lamantia).