Fede e incredulità

Un giorno una parola – commento a Marco 9, 23-24

 

Egli abbatte, e nessuno può ricostruire. Chiude un uomo in prigione, e non c’è chi gli apra

Giobbe 12, 14

 

E Gesù: «Dici: “Se puoi!” Ogni cosa è possibile per chi crede». Subito il padre del bambino esclamò: «Io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità»

Marco 9, 23-24

 

 

Giobbe nella sua lunga disputa con i suoi amici insiste più volte sull’idea che la sorte dell’uomo sia nelle mani di Dio, il quale dispensa male e bene. Gli amici hanno le idee chiare: il male è punizione divina per il peccato. Giobbe, cogliendo la durezza e l’impossibilità di sottrarsi a ciò che Dio riserva all’uomo, trova che non sempre c’è un nesso tra peccato e afflizione. Marco ci suggerisce una diversa interpretazione del male che affligge l’umanità. Sono gli spiriti immondi a procurare sofferenza agli esseri umani e Cristo, con l’autorità e la potenza di Dio stesso, li libera da quella dolorosa presenza. Al giorno d’oggi, grazie alla scienza medica e considerando sintomi descritti dall’evangelista, possiamo diagnosticare al “fanciullo indemoniato” una forma di epilessia, curabile con i farmaci appropriati. Ai tempi di Gesù non c’era modo di guarire, tenere sotto controllo o almeno lenire i sintomi di queste malattie. Per il padre di quel fanciullo Gesù, del quale ha sentito dire meraviglie, è l’ultima speranza. Nell’animo dell’uomo combattono fra loro speranza e rassegnazione, disperazione e fiducia. È l’intima agitazione del suo animo che gli confonde le idee quando dice: “Io credo, vieni in aiuto alla mia incredulità”? Quelle parole sono tutt’altro che insensate, ci dicono, al contrario, una grande verità: fede e incredulità nel loro opporsi sono complementari. Chi crede non è esente dal dubbio: la fede è un movimento in continua ricerca di un difficile equilibrio. Oggi il dubbio è se un Dio ci sia o se tutto sia regolato dal caso. L’uomo della Bibbia dubitava che Dio lo avesse abbandonato a se stesso. Certo, di Dio, dei suoi piani e del suo agire non si può comprendere tutto: troppo ci sfugge. Giobbe dovrà riconoscere di non capire, ma Gesù ci insegna che chi crede tutto può. Dio, che ci ha chiamato alla salvezza, donandoci la fede, per quanto debole sia la nostra fede e amari i nostri dubbi, non ci abbandonerà a noi stessi e all’incredulità. Amen.