Lombardia. Nasce la Consulta regionale interreligiosa

Un passo avanti nella tutela dei diritti di tutte le fedi

 

Lo scorso 21 giugno a Bergamo, ne dà notizia la pastora Daniela Di Carlo sulla circolare della chiesa valdese di Milano, è nata la Consulta regionale per l’integrazione e la promozione del dialogo interreligioso. Coordinata dal presidente della Regione, è composta da due rappresentanti per ogni chiesa e comunità religiosa: cattolica; ortodosse; protestanti (rappresentate dalla pastora Di Carlo e dal pastore avventista Daniele La Mantia); copte; islamiche; ebraiche; buddhiste; evangeliche; induiste; sikh. Partecipano alle sedute della Consulta, pur non facendone parte, un rappresentante di Anci Lombardia, che raccoglie oltre 1400 Comuni della Regione, li rappresenta e li supporta, e un rappresentante dell’Unione Province Lombarde (Upl). Sono previsti due incontri all’anno (il prossimo si terrà in ottobre) e i suoi membri restano in carica 5 anni.

 

Questo importante passo arriva da una lunga storia, ricorda Di Carlo, con un primo riconoscimento da parte della Regione Lombardia nel 2008, che «riconosce nella Chiesa cattolica e nelle altre confessioni religiose, riconosciute dall’ordinamento, formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell’individuo e orienta la sua azione alla cooperazione con queste, per la promozione della dignità umana e il bene della comunità regionale». 

 

Nel 2019, all’interno di un quadro chiamato «La Lombardia per la pace e la cooperazione allo sviluppo» viene istituita la Consulta regionale per l’integrazione e la promozione del dialogo interreligioso, senza oneri a carico del bilancio regionale, come organismo di consultazione e confronto in relazione all’attività di Regione Lombardia negli ambiti dei servizi sociali e sociosanitari; istruzione e formazione professionale; pari opportunità e politiche per la famiglia; politiche attive del lavoro.

 

Durante il primo incontro della Consulta appena nominata, sono state accolte alcune proposte operative: dallo stimolo a conoscersi e collaborare, anche attraverso la produzione di materiali informativi e formazione nelle scuole e nelle università, alla ricerca di una data simbolica per celebrare la libertà religiosa. Fino alle sfide più impegnative riguardanti i luoghi di culto (destinazione e cambio d’uso degli immobili) e la cappellania, nonché l’implementazione delle “stanze del silenzio”, luoghi non connotati confessionalmente, che consentano un momento di preghiera e raccoglimento.

 

Come commenta in conclusione la pastora Di Carlo: «Riusciremo finalmente a poter entrare negli ospedali o nelle carceri, come pastore, senza essere fermate alla soglia e rispedite indietro mentre vediamo passare senza controlli i preti? Lo spero davvero! Riusciremo finalmente ad avere un luogo alla stazione centrale di Milano dove sederci a pregare senza essere all’ombra di statue di santi o madonne? Lo spero davvero! Riusciremo finalmente a poter stare a casa il 17 febbraio senza dover giustificare la nostra assenza al lavoro o a scuola perché ogni cittadino/a che si rispetti conosce l’importanza della libertà religiosa? Lo spero davvero! Per ora i lavori sono appena iniziati ma confido, con l’ottimismo della fede, che qualcosa potrà spostarsi in questo paese dove, ancora oggi, il fenomeno religioso viene ancora compreso solo come cattolico».