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Accadde oggi, 10 luglio

10 luglio 1995, l’Europa si è fermata a Srebrenica

 

 

Pensavano di essere finalmente al sicuro, protetti dagli “angeli” dell’Unprofor, la forza di protezione delle Nazioni Unite, in quell’angolo di terra stretto fra le montagne e il fiume, dove si erano ammassati per sfuggire all’ansia distruttrice delle truppe serbo-bosniache del comandante Ratko Mladic.

 

Ma in questi giorni afosi di luglio, dopo tre anni di assedio, a Srebrenica è successo qualcosa: la “zona protetta” (Risoluzione Onu n. 819/93), dove si sono rifugiati 60mila musulmani bosniaci, viene abbandonata al suo destino. Tom Karremans, il comandante olandese delle Forze di pace, chiama insistentemente la base di Aviano per avere rinforzi: Mladic è entrato in città e lui ha soltanto 400 ragazzi disorientati e incattiviti per difendere l’enclave. Ma la risposta non arriva: il fattore M, la comunità musulmana bosniaca, laica e integrata, dà troppa noia all’Occidente. Meglio lasciare fare al mastino Mladic, che a modo suo regola i conti con le paure e gli interessi dello scacchiere balcanico.

 

Di mezzo ci vanno diecimila uomini e ragazzi, molti poco più che bambini, trucidati in pochi giorni. Strappano i ragazzini alle madri, li rincorrono anche nei boschi, per finirli; gli “angeli” dell’Unprofor aprono le porte della loro base per consegnarne trecento, che erano riusciti ad entrare insieme alle donne. E’ la disfatta totale dell’illusione che l’Onu sia capace di salvaguardare la giustizia e di proteggere i deboli.

 

Il massacro di Srebrenica è stato riconosciuto genocidio da un tribunale dell’Aja nel 2004, l’Olanda – che dopo la guerra aveva insignito della medaglia i caschi blu, “per il coraggio dimostrato – è stata ritenuta corresponsabile, il “boia” Mladic è stato arrestato e condannato dopo 15 anni di latitanza, e molti altri colpevoli sono ancora chiamati davanti a un tribunale. Intanto, al memoriale di Potocari, di fronte a quella che era la sede Unprofor, si celebrano sempre nuovi funerali. Tanti corpi stanno ancora venendo fuori dalle fosse comuni, e troppi invece non si troveranno mai, per la disperazione delle madri, delle figlie e delle sorelle che ancora li cercano.

 

Dopo quasi trent’anni, la vergogna e il dolore sono rimasti intatti. L’Europa si è fermata a Srebrenica.

 

 

Foto: “Srebrenica massacre memorial gravestones 2009 1” by Michael BükerOwn work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.