guardiapiemontese

L’incontro come forma di testimonianza

Il resoconto della Conferenza del IV Distretto della Chiesa valdese

 

Concludiamo gli articoli che riassumono gli esiti delle varie Conferenze Distrettuali , uno degli organi “intermedi” della Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi. 

 

Di Giovanni Bernardini e Gabriele Bertin

 

Dal 14 al 16 giugno si sono svolti, presso l’hotel Mediterraneo di Guardia Piemontese marina, i lavori della Conferenza del IV Distretto. Circa una sessantina i e le componenti di questa assemblea, provenienti a vario titolo dalle chiese e dalle Opere del Sud Italia. Un tempo, quello della Conferenza, per valutare l’operato della Commissione esecutiva distrettuale e quello delle cinque opere che rispondono al Distretto. Un tempo, però, inevitabilmente anche di programmazione del futuro, di sguardo sull’oggi con le tante tematiche che toccano la vita delle chiese e di chi le abita: la guerra, il crescere delle destre in Europa e nel mondo, le nuove povertà, la crisi sanitaria…: in questo scenario si sono svolti i lavori, aperti, con un propizio culto tenuto dal candidato al ministero pastorale Maliq Meda, attualmente in servizio presso le chiese di Foggia, Venosa e Rapolla. La predicazione sul testo di 1 Corinzi 9, 17-23 ha riflettuto sul tema del linguaggio, del dialogo e di come una nuova forma di comunicazione e di testimonianza dell’Evangelo debba inevitabilmente passare attraverso l’incontro con l’altro o con l’altra, con la sua storia, con il contesto e da quello prendere forma: non viene alterato il messaggio, ma viene trovata una forma nuova di raccontarlo, predicarlo, viverlo concretamente anche nell’azione diaconale e politica. Forse, anche grazie a questo stimolo, i lavori hanno subito individuato due tematiche centrali sulle quali riflettere a fianco a quelle ordinarie della vita delle chiese e delle opere: il tema della pace e quello della diaconia.

 

Uno degli argomenti principe è stato certamente quello della pace e delle diverse posizioni che sono state assunte, anche nella nostra Chiesa, rispetto ai conflitti armati che stanno sconvolgendo il panorama internazionale. Anche a fronte delle preoccupanti proposte di reintroduzione della leva militare obbligatoria, delle politiche belliciste, di corsa agli armamenti, nonché della produzione di armi destinate all’esportazione all’estero, la Conferenza ritiene che la Chiesa e le singole comunità debbano riflettere su «come reagire davanti a una guerra», ammettendo che il tema è divisivo ma che non è più possibile sottrarsi dall’affrontarlo cercando di mantenere un atteggiamento di equilibrio che odora di oblio. In Italia, e non solo, siamo sottoposti a una politica della paura alimentata dai media e dalla vicinanza chilometrica che separa il conflitto russo-ucraino dal nostro Paese. Alimentando il terrore nelle persone si sta pericolosamente sdoganando l’idea che vi siano guerre giuste e che l’unica via percorribile sia quella delle armi. L’Assemblea non promuove un appiattimento della riflessione a un generico “voletevi bene”, ma sollecita a una reale ricerca di soluzioni alternative a quella interventista, bellicista e armata.

 

Bisogna avere il coraggio nella fede di ricercare e chiedere a gran voce che venga trovata una soluzione diplomatica per una pace giusta (poiché non c’è pace senza giustizia). In questi mesi sono stati prodotti diversi documenti da realtà diverse: «Il silenzio non è un’opzione» (della chiesa protestante francese), «Mai indifferenti» (degli ebrei ed ebree italiane), e gruppi di riflessione e pratica come l’iniziativa «Ambasciatori e ambasciatrici di pace» promossa dell’Unione battista, e noi? Come comunità abbiamo troppo spesso scelto di ignorare i temi scottanti in nome del quieto vivere, ma questo ha generato una quiete fittizia e artificiosa. Ma ora è venuto il momento di affermare con forza che i problemi possono essere rimossi solo affrontandoli, altrimenti si trasformano in barriere invisibili che intralciano il cammino futuro delle nostre comunità.

 

Dobbiamo sempre tenere a mente la classica quanto veritiera affermazione che anche non fare o dire nulla è fare o dire qualcosa, il silenzio parla e spesso grida più delle parole. Un futuro di pace va ricercato e creduto, viceversa vano sarebbe credere che i popoli «trasformeranno le loro spade in vomeri d’aratro, e non impareranno più la guerra» (Isaia 2, 4). La nostra fede nel Cristo ci sprona a diventare coloro «che si adoperano per la pace», solo così potremo essere chiamati «figli e figlie di Dio» (Matteo 5, 9).

 

La diaconia come azione politica

Guardare alle realtà urbane per tornare a essere una chiesa militante

 

A seguito del convegno della diaconia del IV Distretto, svoltosi nello scorso aprile a Ponticelli, è emersa fortemente in conferenza la riflessione sul tema della diaconia come azione politica. All’interno di un panorama sociopolitico nel quale i servizi, le possibilità di riscatto e il welfare sono sempre più precari, l’azione delle nostre chiese e delle nostre opere deve allontanarsi dalla semplice idea del “fare evangelico”, per diventare anche posizionamento e denuncia politica. In che modo la chiamata evangelica che riceviamo nello stare dalla parte dei piccoli e delle fragili, a denunciare le ingiustizie e operare per il bene comune, guida il nostro fare nei contesti che abitiamo?

 

Nello specifico, si è voluto mettere in luce le peculiarità del territorio del Meridione, anche a seguito del sempre più forte divario tra Nord e Sud (come evidenzia la proposta di autonomia differenziata – poi divenuta legge, ndr) e guardare ai tessuti urbanistici con le loro dinamiche nei quali le chiese sono parte, come quella tra centro e periferia. In questo contesto le nostre azioni di incontro, e sostegno a quelle realtà sociali più fragili, hanno bisogno di riscoprire la loro portata politica, “luogo” da cui inizia il nostro agire, intrecciandolo continuamente con una predicazione e una teologia che siano testimonianza dell’evangelo di grazia e giustizia per ogni creatura.

 

Occorre ascoltare nuovamente la chiamata a essere una chiesa militante per l’oggi, piuttosto che latitare non solo nella vita ordinaria della chiesa, ma anche di fronte alle situazioni di ingiustizia e complessità che, spesso, ci chiedono di guardare attentamente a e ai nostri privilegi. Questa discussione ha portato alla votazione di un atto in relazione all’organizzazione del prossimo convegno della diaconia del IV distretto e alle tematiche da affrontare.