Agire seguendo la volontà di Dio

Un giorno una parola – commento a Salmo 41, 1

 


 

Beato chi ha cura del povero! Nel giorno della sventura il Signore lo libererà

Salmo 41, 1

 

Non dimenticate poi di esercitare la beneficenza e di mettere in comune ciò che avete; perché è di tali sacrifici che Dio si compiace

Ebrei 13, 16

 

Le nostre chiese protestanti storiche guardano giustamente con sospetto alla cosiddetta “teologia della prosperità”; pur semplificando, questa teologia trasforma Dio in una specie di bancomat e i suoi doni, assolutamente concreti e materiali, come una bella automobile o un portafogli gonfio, si ottengono con la quantità della preghiera, con manifestazioni esteriori di religiosità, con una fede intesa non come affidarsi a Dio, ma come una specie di contratto: poiché io credo, tu, Dio, devi ricompensarmi. Le “buone opere” come fonte di salvezza (in questo caso molto materiale), cacciate dalla porta del protestantesimo da Martin Lutero in poi, rientrano dalla finestra.

 

A prima vista sembra che il Salmista indichi di ricercare proprio un rapporto simile con Dio: fai il  bene, ottieni il bene; compi una buona azione e ti avverrà qualcosa di buono perché così opera (per usare un termine molto attuale) l’immutabile algoritmo divino.

 

In realtà penso che dobbiamo leggere questo versetto in modo diverso. Non c’è una beatitudine come premio a chi fa il bene; piuttosto chi opera seguendo la volontà di Dio, chi si prende cura del povero, del debole, dell’abbandonato trova già nel suo operare il senso della propria fede. Non fa il bene per essere benedetto, ma trova la sua felicità, il suo senso, la sua vocazione proprio nel bene compiuto, esso diventa testimonianza del suo voler essere discepolo di quel Signore che ha fatto una scelta di campo a favore del povero.

 

E la sua azione non porta alla benedizione automatica. Il giorno della sventura potrà venire, perché la vita del credente non è esente dalle difficoltà, non è diversa dall’esistenza di qualsiasi essere umano. Ma anche in quel caso chi vive la propria fede come un affidarsi al Signore, comprende la vicinanza di Dio, di un Dio che non deve stare vicino al credente perché così vuole il contratto, ma che liberamente sceglie di farlo per grazia, per pura grazia. Amen.