L’asilo ecclesiastico fa discutere chiese e politica in Germania

La prassi di alloggiare persone rifugiate nei locali delle chiese viene oggi spesso messa in discussione. Il no di protestanti e cattolici a espulsioni forzose

 

L’attuale presidente del consiglio della Chiesa evangelica in Germania (Ekd), Kirsten Fehrs, ha difeso l’istituto dell’asilo ecclesiastico. Mercoledì scorso 26 giugno, al ricevimento estivo dell’Ekd a Berlino, Fehrs ha dichiarato di essere molto preoccupata che in alcuni luoghi tale istituto non venga più rispettato.

 

In Germania il Kirchenasyl è stato sostanzialmente ripristinato oltre 30 anni fa, all’indomani dell’incontro fra varie comunità ecclesiali per denunciare l’allarme dei profughi provenienti dai paesi del blocco sovietico in dissoluzione, e da allora è sempre stato applicato.

Consiste nell’alloggiare nei locali appartenenti a una chiesa alcune persone rifugiate, in attesa che la loro situazione venga analizzata agli uffici competenti. Questi luoghi di ricovero vengono sostanzialmente considerati santuari non violabili dalle autorità pubbliche. La sua durata massima, frutto di un accordo fra governo e autorità ecclesiali, è fissata in 18 mesi. 

 

«Sappiamo che è politicamente controverso. Ma sappiamo anche che questo strumento dà un contributo significativo alla pace sociale», ha affermato la vescova di Amburgo. «Dà ai membri più deboli della società la possibilità di far esaminare le loro condizioni. L’asilo ecclesiastico, signore e signori, non è parte del problema, ma parte della soluzione», ha gridato agli ospiti della Berlino politica, tra cui anche la ministra federale degli Interni Nancy Faeser (Spd).

 

Il Gruppo di lavoro federale sull’asilo nella Chiesa conosce attualmente quasi 600 asili ecclesiastici a livello nazionale. Di recente, un caso avvenuto in Bassa Sassonia ha fatto notizia, con una famiglia russa riportata in Spagna, luogo della loro prima registrazione su suolo europeo. A febbraio un siriano proveniente da un asilo ecclesiastico in Renania-Palatinato è stato deportato in Danimarca. Dalla scorsa estate si sono verificati diversi casi a livello nazionale in cui le autorità hanno chiuso gli asili ecclesiastici.

 

Dal 2015 esiste un accordo tra le chiese e l’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (Bamf) sui cosiddetti casi “Dublino”, regolamento che come sappiamo comporta il ritorno nei paesi europei in cui i rifugiati avevano inizialmente presentato domanda di asilo. Prevede che le persone che vivono in un asilo ecclesiastico debbano essere segnalate alle autorità dai rispettivi responsabili delle comunità e che i loro casi di asilo vengano riesaminati.

L’accordo, tuttavia, stabilisce anche che se la domanda viene respinta e le autorità emettono un ordine di espulsione, i rappresentanti delle chiese non sono necessariamente perseguibili se continuano a fornire ospitalità.

 

Ciò è stato confermato anche dalla Corte Suprema bavarese con una sentenza in cui si sancisce in sostanza che la sola fornitura di vitto e alloggio da parte delle due principali chiese non è punibile. Tuttavia, ai rappresentanti delle chiese non è consentito incoraggiare i richiedenti asilo respinti a rimanere a lungo in tale condizione. Ma come detto, vi sono state anche decisioni di segno opposto.

 

Le chiese protestante e cattolica hanno espresso preoccupazione per l’aumento dell’intervento delle forze dell’ordine. «Nel recente passato asili ecclesiastici sono già stati chiusi più volte. Questo sviluppo ci preoccupa molto», hanno dichiarato all’Evangelical Press Service (Epd) Christian Stäblein, rappresentante dei rifugiati della Chiesa evangelica in Germania (Ekd), e Martin Kopp, portavoce della Chiesa cattolica tedesca.

Secondo il Gruppo di lavoro federale ecumenico sull’asilo nella Chiesa, dal luglio 2023 in Germania si sono verificati sette sfratti, tentativi di sfratto o minacce di sfratto dagli ecclesiastici. 

 

«La revoca dell’asilo ecclesiastico con una massiccia presenza di polizia e l’applicazione di misure coercitive contro una famiglia in una situazione umanitaria evidentemente difficile ed estremamente stressante per la salute solleva chiare domande sulla gestione ufficiale di tale istituto», ha affermato ancora il vescovo di Berlino Stäblein. «Le comunità non si semplificano mai le cose quando concedono asilo in chiesa. Questa è e rimane per noi l’ultima risorsa». Stäblein ha spiegato che questo è il motivo per cui il dialogo tra chiese e autorità è così urgente, affinché si possa raggiungere un approccio umanitario comune nei confronti delle persone in situazioni di emergenza acuta.

 

Il portavoce della Conferenza episcopale Kopp ha spiegato che i vescovi sono in contatto regolare con l’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati e con le altre autorità competenti sulle questioni relative all’asilo ecclesiastico. «Continueremo a monitorare gli sviluppi e, in dialogo con le autorità responsabili, lavoreremo per garantire che la tradizione dell’asilo ecclesiastico continui ad essere rispettata in futuro. Quando parrocchie o ordini religiosi concedono l’asilo ecclesiastico, ciò è accompagnato da un grande impegno personale».

 

L’asilo ecclesiastico è spesso l’ultima risorsa per i richiedenti asilo respinti se lasciare il paese significherebbe per loro particolari difficoltà. 

 

 La ministra dell’Interno della Bassa Sassonia Daniela Behrens (Spd) ha ancora una volta chiarito che in futuro lo Stato rispetterà gli asili ecclesiastici. «Sebbene l’accesso statale agli spazi ecclesiastici sia fondamentalmente applicabile, la tradizione cristiana e umanitaria impone che ciò non venga fatto quando si tratta di spazi sacri o di locali di comunità religiose», ha affermato Behrens al parlamento regionale di Hannover in risposta a un’interpellanza urgente presentata dal gruppo parlamentare di estrema destra AfD. 

 

Behrens ha chiarito che le congregazioni ecclesiastiche che sottraggono persone alla presa dello Stato ammettendole temporaneamente nei loro locali non possono né teologicamente né giuridicamente invocare un diritto riconosciuto all’asilo ecclesiastico. «Il nostro sistema giuridico non riconosce alcuna area che fa parte del territorio nazionale in cui le misure statali non vengono applicate». Tuttavia, come detto sopra, secondo l’ accordo raggiunto tra l’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (BAMF) e le chiese nel 2015, la chiesa, Behrens ha concluso che «l’asilo sarà comunque rispettato in casi specifici a tal fine».

 

Nel mentre, come racconta il sito delle chiese riformate svizzere in lingua italiana “Voce Evangelica“, dal momento che il tema portante del prossimo Sinodo della Chiesa evangelica in Germania (Ekd) in agenda dal 10 al 13 novembre a Würzburg, sarà “Migrazione, fuga e diritti umani”, una delegazione della presidenza del Sinodo, guidata dalla presidente Anna-Nicole Heinrich, è in visita in Grecia. In programma tappe sull’isola di Kos e ad Atene, con lo scopo di passare quattro giorni alle frontiere esterne dell’Unione europea (UE) ed informarsi sulla situazione dei rifugiati. Preoccupano soprattutto i recenti rapporti sulle gravissime violazioni dei diritti umani nel mar Egeo.