Con Johann Sebastian Bach agli Europei di calcio

Durante la breve cerimonia di inaugurazione del Campionato europeo di calcio, un coro ha eseguito un brano bachiano. Ne parliamo con Enrico Grosso, appassionato di musica sacra e membro del coro

 Se si dice “Italia-Germania”, in un mese contrassegnato dal Campionato europeo di calcio, vien fatto di pensare a una serie di “epiche” partite che hanno segnato la storia del pallone. Eppure, c’è spazio anche per tanto altro, e in Germania – in particolare a Lipsia – c’è una tradizione avviata da anni, e che ci stupisce non poco, una pratica che avvicina la musica elevatissima di Johann Sebastian Bach a persone non direttamente interessate. Ne parliamo con Enrico Grosso, torinese, nella vita medico genetista, ma anche grande appassionato di musica sacra e organistica – quel territorio, insomma, dove il nome di Bach svetta su ogni altro. Da alcuni anni Grosso accompagna come organista il culto domenicale nella chiesa valdese di Rorà, e a lui chiediamo: a quale strano evento ha partecipato pochi giorni fa?

 

«A partire dall’inizio del ‘900 a Lipsia, la città in cui J. S. Bach svolse il ruolo di Kantor, cioè di direttore musicale, nella Thomaskirche, per 27 anni, sono stati organizzati festival di musica bachiana, a cadenza irregolare. Da vent’anni circa, poi, il Bachfest, ha preso un andamento più regolare svolgendosi ogni anno per dieci giorni nel mese di giugno».

 

– In che modo ci si fa coinvolgere in questa iniziativa?

«Con carissimi amici e amiche appassionati bachiani avevo già partecipato come spettatore ad altre sette edizioni. Quest’anno è stata data la possibilità di partecipare attivamente a un coro, a cui sarebbe stata affidata la musica che accompagna il culto alla Thomaskirche la domenica mattina. Ho presentato la mia domanda alla fine del 2023 e mi hanno “reclutato”. Abbiamo eseguito la Cantata Bwv 135 (Ach, Herr, mich armen Sünder – «Signore, sono un povero peccatore») e il mottetto Jesu, meine Freude Bwv 227».

 

– Bach compose circa 300 cantate sacre, la cui esecuzione era impostata sulle letture bibliche del calendario liturgico: eseguirne una nella chiesa dove egli lavorò e suonò l’organo è di fatto un ritorno alla funzione per cui quei brani erano stati composti, mentre noi siamo abituati ad ascoltarli su disco o in sale da concerto…

«Al di là della grande emozione di essere in un luogo simbolico, fa certo un effetto di straniamento! Sappiamo che in tante nostre chiese il culto ha un’impostazione musicale fortemente legata a questa tradizione, grazie al lavoro costante di tanti musicisti, perlopiù non professionisti».

 

– Poi quest’anno, in più, c’è stata la concomitanza con il Campionato europeo di calcio, e molti dei cantori sulle gradinate dell’Arena di Lipsia, nelle adiacenze dello stadio, avevano le maglie della propria Nazionale: che cosa pensa di questo “connubio”, tipo “diavolo e acquasanta”, e soprattutto della possibilità di portare la musica più elevata là dove non ce lo aspetteremmo?

«Al nostro coro, oltre all’esecuzione nella Thomaskirche, è stato chiesto di cantare un brano bachiano (il «Dona nobis pacem», che fa parte della Messa in si minore) durante la breve cerimonia locale di inaugurazione del Campionato europeo di calcio. È stato bello poter introdurre una breve parentesi “spirituale” in un evento assai differente. Credo che sia stato giusto rimarcare questo aspetto spirituale e culturale che pervade la città di Lipsia».

 

Il vostro coro è stato istruito nelle giornate delle prove da un maestro concertatore relativamente giovane, ma poi la direzione nella Thomaskirche ha visto come direttore Ton Koopman, olandese, che è anche clavicembalista e organista: che effetto fa a dei non-professionisti essere diretti da un musicista tanto autorevole?

«Non è facile spiegarlo! Ma Koopman sa mettere tutti a proprio agio e sa che cosa può trasmettere e ottenere. Il modo con cui ci ha portati a una esecuzione degna è stato un grande regalo, da vero musicista che ha certamente una forte motivazione spirituale».