Prima del perdono occorre comprendere quanto accaduto

La Chiesa episcopale negli Stati Uniti d’America ha iniziato a fare i conti con l’importante ruolo giocato nelle scuole residenziali per nativi

 

Per la maggior parte dei bambini nativi americani tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, l’istruzione non era né un diritto né un privilegio. I bambini indigeni dalla Florida all’Alaska furono portati, a volte con la forza, in scuole residenziali gestite dal governo e spesso da denominazioni all’interno di accordi governativi.

Lo scopo di questi istituti d’istruzione era insegnare ai bambini gli usi europeo-americani. Tutto ciò che era indiano, dalla lingua all’abbigliamento e alla danza, era proibito. Il sistema ha lasciato una scia di traumi e morte nel tentativo di assimilazione di massa alla cultura dei coloni bianchi.

 

Ora la Chiesa episcopale, coinvolta nella gestione di almeno 34 scuole, ha iniziato a fare i conti con il ruolo smisurato che ha giocato in questa storia. Lo scorso giugno, il Consiglio esecutivo della chiesa ha stanziato 2 milioni di dollari in un processo di ricerca della verità volto a documentare l’impatto che le scuole gestite dai vescovi hanno avuto sulla vita di generazioni, e a spiegare perché le cose sono andate in quel modo.

Da ieri fino al 28 giugno gli Episcopali sono riuniti per la loro Convenzione generale a Louisville, nel Kentucky; l’evento prenderà in esame anche l’eredità delle scuole residenziali che ancora incide sulle famiglie e sulle comunità indigene. Nel frattempo, due commissioni episcopali che supervisionano la ricerca stanno chiedendo ai vescovi di tutta la Chiesa di garantire l’accesso agli archivi nelle loro regioni e di reclutare propri assistenti di ricerca.

Il Governo degli Stati Uniti ha gestito o sostenuto 408 scuole tra il 1819 e il 1969, secondo un rapporto del Dipartimento degli Interni del 2022 nell’ambito della Federal Indian Boarding School Initiative. «Gli Stati Uniti hanno perseguito una duplice politica: l’espropriazione territoriale agli indiani, e l’assimilazione indiana, anche attraverso l’istruzione», afferma il rapporto.

Prima che possa verificarsi una giustizia riparativa, la Chiesa episcopale deve comprendere in che modo ha utilizzato la sua considerevole influenza per elaborare una politica federale che prevedeva l’assimilazione forzata, ha affermato Lauren Stanley, rev. della Diocesi episcopale del South Dakota e membro della commissione di ricerca.

 

In Canada, dove un simile sistema di scuole è accusato di aver fatto scomparire le lingue e le culture indigene, un processo di verità e riconciliazione ha portato a un accordo da 6 miliardi di dollari con le tribù nel 2006 e da allora a numerosi accordi importanti. Papa Francesco, in visita in Canada nel 2022, ha chiesto perdono per il ruolo della Chiesa cattolica in quella che definì “distruzione culturale e assimilazione forzata”.

Ma negli Stati Uniti, dove i registri ecclesiastici non sono stati resi pubblici e spesso non sono digitalizzati o consolidati, agli americani non viene insegnato cosa è successo. Gli studi mostrano che solo una manciata di Stati include la storia delle scuole residenziali dei nativi americani nei loro programmi di storia.

 

La ricerca condotta mostra che la Chiesa episcopale non era un attore minore nel sistema dei collegi. Finora sono state identificate 34 scuole, ma le persone coinvolte nella ricerca affermano che l’elenco è destinato a crescere.

«Gli episcopali indigeni stanno guidando il processo per scoprire e raccontare la storia del coinvolgimento della Chiesa episcopale nei collegi indigeni, e quel lavoro, come notano, è solo all’inizio», ha detto la portavoce della Chiesa episcopale Amanda Skofstad. «Chiedere perdono prima di una ricerca e di una comprensione approfondite non sarebbe all’altezza del compito di dire la verità, della giustizia e della guarigione che come chiesa ci siamo assunti».

 

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