Il cammino della riconciliazione

Si è svolto presso il Centro giovanile di Josefstal, nella Baviera meridionale, il 55° “Corso europeo di studi ecumenici 

 

«Il cammino della riconciliazione ha bisogno di spazio, di tempo e di fiducia»: queste parole di introduzione al 55esimo “Corso europeo di studi ecumenici”, organizzato anche quest’anno dalla Chiesa luterana della Baviera, rendono bene l’idea di quale sia uno degli scopi fondamentali di questo incontro di ben dieci giorni (3-12 giugno).

 

Del resto, il Centro giovanile di Josefstal (che si trova a Schliersee, nella Baviera meridionale), analogamente al nostro “Agape Centro ecumenico”, è sempre stato un luogo di riconciliazione tra quei popoli che si erano combattuti nella seconda guerra mondiale. Nella cappella del centro, dove mattina e sera abbiamo avuto un momento di preghiera animato a turno, c’è infatti la “croce di chiodi di Coventry”: questa città inglese fu duramente colpita dai bombardamenti tedeschi nel 1940, che fecero molte vittime e distrussero la cattedrale anglicana. Il canonico della cattedrale incise su ciò che rimaneva dei muri le parole “Father forgive” (Padre perdona) e invitò i fedeli alla riconciliazione. Tre chiodi delle capriate della cattedrale furono usati per formare una croce stilizzata che divenne simbolo di riconciliazione e fu riprodotto in diversi luoghi in Europa, tra i quali il Centro di Josefstal.

 

Spazio e tempo a Josefstal ci sono, il centro è immerso nel verde e il programma del corso lascia sufficiente spazio per il dialogo spontaneo durante le pause. Dal dialogo nasce la conoscenza e dalla conoscenza la fiducia. E da tutto ciò la riconciliazione.

Oltre al sottoscritto, i partecipanti sono stati prevalentemente luterani e ortodossi, ma anche un pastore anglicano e una pastora della Chiesa dei fratelli Boemi. I paesi di provenienza, oltre la Germania, erano Finlandia, Lettonia, Russia (due sorelle della Chiesa luterana, la cui presenza è stata molto significativa), Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Austria, Romania, Inghilterra; era inoltre presente una pastora della Chiesa luterana della Tanzania, per alcuni anni in servizio in Baviera.

Internazionale e interconfessionale è anche il team che ha preparato e gestito il corso, sei sorelle e fratelli da Germania, Polonia, Romania e Slovacchia, tra cui una musicista che ci ha guidato nel canto e ha diretto il piccolo “coro” dei partecipanti.

Il tema del corso era “Vino nuovo in otri vecchi” – Tradizione e trasformazione nelle chiese cristiane ed è stato affrontato da diversi punti di vista, attraverso suggestioni bibliche, relazioni, incontri.

 

Per due giorni è stato ospite del corso Joan Sauca, professore e sacerdote della Chiesa ortodossa rumena ed ex segretario del Consiglio ecumenico delle chiese (2020-2022), che ha parlato del rapporto tra tradizione e trasformazione nella teologia ortodossa, sottolineando come la tradizione sacra della Chiesa ortodossa non possa essere modificata, mentre è l’essere umano ad essere sempre chiamato al cambiamento.

Nel corso dell’incontro è intervenuto più volte il pastore Michael Martin (responsabile di uno dei “distretti” della Chiesa bavarese) che, tra le altre cose, ha parlato delle difficoltà della chiesa regionale, dalla quale ogni anno fuoriescono circa cinquantamila membri (su un totale di circa due milioni), con serie conseguenze anche economiche.

Per questo, nella Chiesa bavarese si discute spesso di riduzione delle strutture ma – ha detto Martin – è fondamentale far precedere a queste discussioni la domanda: quale chiesa vogliamo essere? Una questione importante e attuale anche per la nostra piccola chiesa italiana.

Tra le “strutture” a cui la Chiesa luterana bavarese ha deciso di fare a meno c’è altresì il Centro di Josefstal che prossimamente, e a malincuore, verrà chiuso. Il culto domenicale, per questo motivo, è stato tenuto nella cappella del centro con la partecipazione della comunità locale e di diversi ospiti.

 

La predicazione, tenuta dal pastore Michael Martin, è iniziata con l’ascolto del brano “Wind of change”, scritto dal gruppo tedesco degli Scorpions, dopo che avevano partecipato a un grande concerto per la pace a Mosca nell’estate 1989.

Dov’è per noi oggi quel “vento di cambiamento”? Per noi – ha detto Martin – il vento del cambiamento è il vento della Pentecoste, che i discepoli hanno ricevuto e che li ha resi messaggeri di quella speranza che è più forte di ogni odio e violenza, persino della morte.

Il Centro di Josefstal verrà dismesso ma non il corso europeo di studi ecumenici che si terrà in un altro luogo. Parafrasando il versetto biblico da cui è tratto il titolo del corso, il vino antico, cioè l’Evangelo della speranza e della riconciliazione, sarà collocato in otri e luoghi nuovi.

Così, ha concluso Martin citando nuovamente gli Scorpions, il vento del cambiamento, dello Spirito, della speranza, della riconciliazione può continuare a “fare sognare”.

E il sogno della riconciliazione, che per decenni a Josefstal ha preso corpo negli incontri tra cristiani di chiese e paesi diversi, trasloca, ma non viene meno. Troverà altri spazi, per dare tempo e fiducia a chi vi parteciperà.

 

Tratto da: www.chiesavaldese.org