Cina: la repressione religiosa si estende alle nuove generazioni
Prima, era limitata alla regione del Xinjiang, ma oramai, la repressione si estende al resto del paese
Dal 2016, Xi Jinping prova “cinesizzare” l’Islam, ma anche il protestantesimo e il cattolicesimo. Il presidente cinese spera così di affermare la sua volontà di sradicare ogni forma d’influenza e di possibilità di sovversione da parte delle religioni, ci ricorda il magazine transalpino Géo.
Ciò si traduce infatti in una sorveglianza molto severa delle pratiche religiose da parte del Partito comunista cinese. Numerose scuole religiose sono state secolarizzate e il ramadan è molto controllato. Non è neanche più possibile partecipare a certe attività collegate alla religione.
L’acquisizione di controllo della religione ha trasformato la fede in Cina, ma il partito sembra ancora più attento quando si tratta dell’Islam. Prova in particolare ad allontanare i giovani da questa religione. Così, a maggio scorso, la grande moschea di Shadian, nel Yunnan, ha perso la sua cupola. È anche stata amputata dei suoi minareti, in seguito ai lavori effettuati nel 2023. Altri luoghi musulmani hanno fatto la stessa fine. I tre quarti delle 2312 moschee di stile architettonico islamico sono stati modificati tra 2018 e 2023, quando non sono state rase al suolo.
Manifestazioni
L’organizzazione Human Rights Watch (HRW) denuncia da anni la distruzione o ristrutturazione di moschee nelle regioni di Ningxia e Gansu. Ma ufficialmente, le autorità cinesi preferiscono parlare di “raggruppamento delle moschee”. Secondo l’ONG un terzo delle moschee del Ningxia sono state chiuse dal 2020. A Xinjiang, la regione nella quale la repressione religiosa cinese ha avuto inizio, questa cifra raggiunge il 65%, solo per l’anno 2020, stima l’Australian Strategic Policy Institute.
Interventi che non si fanno senza problemi. A maggio 2023, per esempio, dei manifestanti musulmani hanno affrontato la polizia, in seguito al progetto di distruzione di una parte della moschea di Naijiaying, a Yuxi. Il partito comunista cinese va ancora più lontano. Dal 2023, incoraggia i luoghi di culto musulmano, (e cristiano), a sostenere la direzione del partito comunista cinese e il sistema socialista.
Moltiplicazione delle stazioni di polizia
Il 15 marzo 2024, un’altra novità è stata instaurata : la sorveglianza della pratica del ramadan dei giovani. Quel giorno, un messaggio mandato dall’ufficio prefettorale degli affari etnici e religiosi richiamava “il comitato del partito, i governi, gli uffici educativi e sportivi a tutti i livelli” a “indagare sulla partecipazione dei minori al digiuno e ad altre attività religiose”. L’Ufficio si aspetta inoltre che i suddetti organismi “aderiscano pienamente al principio di separazione tra istruzione e religione”. Chiede inoltre di rafforzare l’istruzione e l’orientamento degli insegnanti, degli studenti e della maggioranza dei giovani. Queste istruzioni sono già state applicate alla comunità Hui dello Xinjiang. Ciò anche se questo gruppo etnico musulmano è considerato più integrato degli Uiguri.
L’installazione molto ravvicinata (poche centinaia di metri) di stazioni di polizia, utilizzata anche nello Xinjiang per monitorare il comportamento della popolazione, si sta ora estendendo ad altre regioni, come il Gansu o il Qinghai. A Shadian, nella stessa provincia di Yuxi, il graduale controllo della vita religiosa da parte del Partito comunista cinese impedisce ai bambini di partecipare ad alcune attività religiose. Quanto alle madrasse, le scuole coraniche, accolgono ormai insegnanti dell’etnia dominante Han, responsabili di laicizzare il contenuto islamico dei corsi. In generale, le autorità cinesi cercano di separare i giovani da qualsiasi religione e cultura minoritaria.
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