L’escluso

Ahmadreza Djalali condannato a morte nel 2017 in Iran è stato escluso dalle trattative svedesi. Noury: «Situazione vergognosa»

 

Ahmadreza Djalali, il medico e docente con cittadinanza svedese e iraniana, e per anni collaboratore presso l’Università del Piemonte Orientale di Novara, arrestato nel 2016 e condannato a morte l’anno successivo con l’accusa di «spionaggio», è stato escluso dallo scambio di detenuti conclusosi sabato 15 giugno tra la Svezia e l’Iran.

 

A Teheran è invece tornato Hamid Nouri, condannato in via definitiva all’ergastolo in Svezia per il ruolo avuto nel massacro delle carceri iraniane del 1988, in cui furono sommariamente uccisi migliaia di detenuti politici.

 

Sono rientrati in Svezia il funzionario dell’Unione europea Johan Floderus, che rischiava l’ergastolo o la pena di morte sempre con l’accusa per spionaggio, e Saeed Azizi, condannato a cinque anni per «collusione contro la sicurezza nazionale» e gravemente malato.

 

«Accettata la cinica strategia dello scambio di detenuti – ha rilevato il portavoce nazionale di Amnesty, Riccardo Noury –, è vergognoso che il governo svedese abbia lasciato indietro il suo cittadino Ahmadreza Djalali, arrestato ormai otto anni fa e da sette con un cappio al collo. Immagine che, da metaforica, rischia di diventare reale perché ormai l’Iran ha ottenuto ciò che voleva e Djalali non serve neanche più per negoziare eventuali contropartite».

 

Il capo della politica estera dell’Unione europea Borrell ieri ha dichiarato che proseguiranno gli sforzi per ottenere la scarcerazione degli altri cittadini con doppia nazionalità che si trovano ancora nelle carceri iraniane: «Speriamo non siano parole di circostanza – ha concluso Noury –. Non dimentichiamoci che Djalali ha trascorso tanti anni in Italia, contribuendo all’avanzamento della ricerca scientifica nel nostro paese, per questo motivo riteniamo sia importante che si muovano anche le istituzioni italiane».

 

Scholars at Risk (Sar) è un network di oltre 500 università distribuite in 40 Paesi (tra cui l’Italia) che sostiene e incentiva il valore della libertà accademica. Già nel gennaio 2018, Sar promosse la campagna #SaveAhmad attraverso i social media per esercitare pressioni presso le istituzioni pubbliche per sostenere il rilascio di Djalali.