Il tema degli abusi polarizza il sinodo della Chiesa riformata svizzera

Non passa la proposta di uno studio sulle violenze organizzato dalla Chiesa stessa . Sì invece ad un’inchiesta affidata al governo nazionale

 

C’è poco da girarci intorno: come affrontare la questione di un’analisi sulla situazione degli abusi nella chiesa e nelle sue istituzioni era il tema più atteso del Sinodo della Chiesa evangelica riformata svizzera (Ceris) che federa 24 chiese protestanti cantonali e la chiesa metodista elvetica. 

 

Delegati e delegate nella tre giorni di assise a Neuchâtel hanno discusso la proposta avanzata nelle scorse settimane dal Consiglio (organo esecutivo) della Ceris: uno studio, della durata di tre anni, che il Consiglio intendeva affidare all’Università di Lucerna, e che doveva consistere nello svolgimento sia di un sondaggio rappresentativo della popolazione generale sia di uno studio partecipativo.

Un sondaggio telefonico rappresentativo su 20.000 persone della popolazione svizzera per aiutare a offrire la possibilità di presentare stime attendibili sull’entità degli abusi sessuali commessi nell’ambiente ecclesiale e di confrontarle con altri ambiti della Compagnia. Inoltre, tutti gli interessati che lo desiderano potranno riportare le proprie esperienze ed esprimersi sui temi sopra menzionati garantendo il proprio anonimato nell’ambito di uno studio partecipativo non rappresentativo. Si esclude lo studio degli archivi delle singole chiese, considerato lungo e troppo difficile da eseguire.

 

Una proposta che non ha incontrato il consenso di serie chiese cantonali, in particolare quelle di area germanica, che vedono invece nello Stato confederale il soggetto che dovrebbe farsi promotore di un’inchiesta in tal senso: «Se ad occuparsene sarà soltanto la nostra chiesa non avremo alcuna prospettiva nella raccolta dei risultati e nella loro analisi. L’abuso sessuale deve essere studiato da tutta la società in un grande esame di coscienza globale» ha pronunciato Esther Straub, presidente della Chiesa riformata di Zurigo, secondo quanto riferito dal quotidiano elvetico Réformés. 

 

La cornice di pensiero in questo caso è quella dell’analisi sugli abusi che sta compiendo la Chiesa evangelica in Germania, il cui team di ricerca comprende anche una figura nominata dal governo centrale, quella del Commissario indipendente per le questioni relative agli abusi sessuali sui minori (Ubskm), figura istituita a partire dal biennio 2010/2011 con lo scopo di occuparsi in maniera indipendente del tema in ogni ambito della società, compreso quindi quello ecclesiastico.

 

La delegata Aude Collaud, pastora e cappellana giovanile del Cantone francofono di Vaud, ha replicato che «Gli attacchi all’integrità sessuale o spirituale sono numerosi nella nostra Chiesa e continueranno a scoppiare casi. Volendo delegare ad altri il compito di indagare a livello generale sulla popolazione, il Sinodo sceglie di non investire nella ricerca della verità».

 

Nei giorni immediatamente precedenti al Sinodo anche la Federazione della donne protestanti svizzere aveva espresso varie riserve al progetto presentato dal Consiglio della chiesa, con la motivazione che «Siamo del parere che uno studio sugli abusi, nella misura in cui è finanziato e commissionato esclusivamente dalla Chiesa evangelica riformata svizzera, dovrebbe concentrarsi in particolare sulle persone colpite nel contesto ecclesiale. Interrogare un campione rappresentativo della popolazione di 20.000 personesu possibili esperienze di abuso, senza che altre istituzioni facciano parte dell’organizzazione responsabile dello studio e abbiano quindi interesse a evidenziare strutture che portano all’abuso specificatamente nei loro territori, sottovaluta la possibilità di ritraumatizzazione delle persone colpite. Sosteniamo quindi che – quando la Chiesa commissiona uno studio – si concentri esclusivamente sul suo ambiente, sul quale ha potere di azione e può quindi assumersi le proprie responsabilità».

 

Le donne protestanti poi si sono dette «favorevoli a tenere maggiormente in considerazione i risultati dello studio della Chiesa protestante in Germania e a dare più importanza alle persone colpite nel processo di sviluppo. Per noi questa partecipazione è sinonimo di possibilità di codecisione e organizzazione dei processi di analisi e quindi di riconoscimento delle persone che hanno subito abusi».

 

«A nostro avviso – prosegue il comunicato – si tratta soprattutto di approfondire le specificità ecclesiali riformate, che lo studio tedesco già in parte affronta. Per noi lo studio dovrebbe  affrontare gli abusi nella Chiesa evangelica riformata in tutte le loro forme e gettare così la prima pietra per prevenirli concretamente. Occorre esaminare le condizioni teologiche e strutturali per fare spazio ad una Chiesa del futuro. La Chiesa dovrebbe anche assumersi chiaramente la propria responsabilità per le sofferenze che potrebbero essere sorte nelle sue case, nelle sue chiese e nel suo ambiente».

Questo è il motivo per cui «è impossibile per noi sostenere uno “studio sulle zone grigie” che comprenda tutti gli ambiti della società».  Certo, dicono le donne svizzere, l’abuso riguarda ogni ambito del nostro vivere, ma compito specifico della Chiesa dovrebbe essere quello di occuparsi della propria condizione: «L’abuso nel nostro ambiente si distingue da altri ambiti. L’abuso spirituale, in particolare, è una forma esplicitamente religiosa che quasi non viene menzionata nel concetto dello studio in discussione che si concentra su un approccio basato sull’abuso sessuale tout court».

 

Da più parti si chiedeva un rinvio di un anno sulla decisione da avviare, in modo da poter approfondire meglio le varie opzioni. Soprattutto la mancata apertura degli archivi sta causando vari malumori. Così non è stato.

 

«Il Consiglio della Ceris si impegna con la Confederazione a realizzare uno studio sugli abusi nella società» formula così l’emendamento della coalizione germanofona che è risultata la più votata.

Un gruppo di lavoro avrà al contempo il compito di pensare ad uno studio interno alla Chiesa. Il Sinodo si è dichiarato inoltre favorevole al consolidamento delle misure di protezione e prevenzione a livello nazionale e ha incaricato il Consiglio di collaborare con la Confederazione affinché si possa effettuare uno studio nel contesto della popolazione in generale.

 

Il Consiglio si è rammaricato che lo studio previsto non possa essere effettuato. La presidente dell’a Chiesa riformata svizzera Rita Famos commenta la decisione sul sito ufficiale della Ceris: «Sì, l’intero Consiglio era impegnato in questo studio. Tuttavia la chiesa continuerà a impegnarsi a favore delle persone interessate, indipendentemente dal fatto che esista o meno uno studio sulla popolazione generale. Stiamo ora istituendo un servizio di segnalazione esterno e svilupperemo, con la task force, ulteriori misure per individuare e prevenire gli abusi sessuali. E daremo alla Confederazione l’impulso necessario affinché svolga un’indagine sulla società nel suo insieme».