Le elezioni non sono tutto, ma votare è un dovere morale

Le chiese protestanti sono costruite in modo da non personalizzare la guida, ispirandosi invece alla collegialità, e questo è un buon esempio da fornire ai nostri concittadini e concittadine

 

Non erano dunque esagerate le preoccupazioni espresse dalla Diakonie, il ramo sociale delle Chiese protestanti tedesche. Avevamo riportato su questo giornale le parole del pastore Rüdiger Schuch: «La concezione violenta e razzista del mondo proposta dall’AfD – Alternative für Deutschland – contraddice la visione cristiana». Di qui la necessità di interloquire con coloro che, dipendenti dalla diaconia stessa, si manifestassero come sostenitori del partito di estrema destra. Già il presidente dei vescovi cattolici Georg Baetzing aveva sollevato il problema. Il razzismo si fa strada, e spesso non si limita all’invettiva verbale: è compatibile con la fede cristiana?

 

Ora però la AfD ha superato, alle Elezioni europee, il Partito socialdemocratico del cancelliere tedesco Scholz; l’estrema destra avanza in Austria; in Francia il presidente Macron è costretto, come extrema ratio, a convocare d’urgenza di nuove elezioni politiche di fronte all’affermazione del Rassemblement national.

 

Ma ciò che fa paura non è solo il dato numerico: il fatto è che circolano idee che gran parte della popolazione, solo pochi anni fa, si sarebbe vergognata di manifestare. Sono quelle del razzismo conclamato, della riduzione dei problemi sociali a problemi di pochi singoli da assistere paternalisticamente o da guarire – purché non esagerino, ovviamente, e non si rendano troppo visibili. Ovviamente prendersela con categorie deboli e minoritarie non risolve i problemi di tutti gli altri, ma il “momento magico” elettorale è come un incanto, sembra che si possa dire: ora vedrete…

 

Forse dovremo riconsiderare l’idea delle elezioni come momento centrale della vita politica. La democrazia non è fatta di sole elezioni, tanto più che – in maniera marcata nel nostro paese – esse ormai si organizzano in coalizioni che nascono, si presentano, vincono o perdono, si sfaldano e si ricreano mutando rapidamente. La democrazia è anche esercizio quotidiano del rispetto, dell’ascolto, pratica della curiosità nel conoscere la diversità. Non si esaurisce nella “conta”, deve funzionare tutto l’anno.

 

Anche perché – e qui siamo all’altro punto dolentissimo di questo fine settimana – l’astensione dal voto è stata grave. L’affluenza, per le Europee, al di sotto del 50% rappresenta per l’Italia al tempo stesso un record negativo e lo “sforamento” di un limite simbolico. Poiché il diritto al voto l’abbiamo ereditato da chi ha combattuto, rischiato e perso la vita e poi, dopo aver concorso a liberare l’Italia, si è anche messo a ricostruirla, non avvalersene segna l’incapacità di attribuire il giusto valore alle cose: stiamo buttando via un bene prezioso.

 

Peggio del peggio: alcune delle idee che stanno facendo la fortuna dei partiti antieuropeisti (e già questa è una bella contraddizione) sono diffuse anche fra chi non ha votato. Dunque, guardiamo a come ricostruire tessuto sociale e occasioni di confronto in vista di prossime consultazioni: le chiese protestanti sono costruite in modo da non personalizzare la guida, ispirandosi invece alla collegialità, e questo è un buon esempio da fornire ai nostri concittadini e concittadine. Ma facciamolo sapendo che, tra un’Assemblea e l’altra, nell’attesa del rinnovo delle cariche, c’è spazio per lavorare insieme e ascoltarsi a vicenda.