Massimo Troisi e Dio

Trent’anni dalla scomparsa del grande attore e sembra ieri…

 

«Eh! Si, ho chiamato. Ho chiamato perchè je vuleva sapè cumm’è stu fatto che a me mi stanno succerenno disgrazie una appriess’a n’ata! Je nun pozz’ campà ‘cchiù!», scriveva Massimo Troisi nel suo Dialogo con Dio.

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«[…]”Non fornicare”… che significa non fornicare? Tu saje ca je aggio fornicato senza sapè? No, je penzave ‘e furmiche! Eh! Penzave ‘e furmiche! […]». 

 

Trent’anni fa ci lasciava Massimo Troisi, l’attore del sorriso e dei sentimenti. Nato a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, il 19 febbraio 1953, cominciò la sua carriera con gli amici del gruppo «I Saraceni», divenuto poi «La Smorfia», Lello Arena ed Enzo Decaro. 

 

Un successo inatteso che lanciò Troisi verso l’esordio al cinema con «Ricomincio da tre» (1981), che ne consacrò il suo successo da attore e regista, regalandogli subito due David di Donatello, tre nastri d’argento e due Globi d’oro. Fu da allora che si dedicò esclusivamente al cinema, interpretandone 12, cinque dei quali diretti da lui stesso.

Un artista, Troisi, capace di portare il dialetto napoletano fuori dai confini territoriali e di renderlo comprensibile a tutte e tutti, grazie alla sua mimica, alla sua ironia, alla sua arguzia, e alla sua infinita dolcezza. Che emerge con forza nel suo ultimo capolavoro, Il Postino. 

 

Nelle rappresentazioni di Troisi abbondano anche i riferimenti del suo retroterra religioso. Come non ricordare della Smorfia: La Natività, La fine del mondo, Angelo e Diavolo, Il Dialogo Con Dio o San Gennaro… 

«A casa nostra i santi son stati sempre presenze vive. Venivano rispettati come amici di famiglia. Massimo era colpito dal fatto che mia madre pregava in continuazione san Giuseppe. “Stava in buoni rapporti” con lui… Proprio come dice nello sketch di san Gennaro…», scrive Rosaria Troisi nel libro, Oltre il respiro (Iacobelli), sorella dell’attore. 

 

I problemi cardiaci che hanno condizionato la vita, sin dall’infanzia, del piccolo Massimo non gli hanno impedito di vivere una vita appieno, di condividerla con una moltitudine di persone all’insegna del sarcasmo, ironico, foriero di una timida e spiccata empatia : «Quando tornammo dall’America io stessa non mi capacitavo di come Massimo fosse riuscito a superare l’intervento. E lui mi rispose: “È stata la mano di Dio”. Compresi allora quanto aveva pregato», scrisse ancora la sorella Rosaria nel libro.

 

Una mano, quella di Dio, condivisa con tanti amici artisti, giornalisti, calciatori. Da Pino Daniele a Renzo Arbore, da Gianni Minà al suo amico Maradona che capitanava la squadra vicina al suo fragile cuore. 

Cosa ci resta oggi di Troisi? Non ci resta che piangere di nostalgia profonda, consapevoli dell’eredità che ci ha consegnato. Oggi le televisioni italiane renderanno omaggio, a un grande uomo, a un grande attore; al Pulcinella (se lo intendiamo come l’uomo che pur conscio dei problemi è sempre riuscito a venirne fuori con un sorriso) senza maschera e che, con semplicità, ironia, e tanta arguzia, ha saputo incantare e far emozionare l’Italia intera. 

 

Chissà cosa si staranno dicendo ora lui e Dio? Beh… non lo sapremo mai, ma siamo in grado di immaginare la scena.  Questa è già una preziosa eredità.