Accadde oggi, 3 giugno
3 giugno 1989, inizia la repressione cinese in piazza Tienanmen
Il 1989 è l’anno delle grandi rivolte che hanno portato la libertà in moltissime nazioni, ridisegnando gli equilibri geopolitici del mondo intero, a partire dalle cadute dei regimi filo sovietici nell’Europa dell’Est, passando per la caduta del muro di Berlino e l’inizio dello sgretolamento dell’Urss.
Addirittura in Cina sembra stia per soffiare un vento nuovo, carico di libertà civili, di battaglie sui diritti da combattere, e perché no da vincere.
Sembra appunto. Il monolite asiatico è lontano anni luce dalla situazione dell’impero russo, nonostante sia allo stesso modo malato di burocrazia e la sua popolazione possa scegliere un solo partito, lo stesso, quello comunista.
A Pechino la censura funziona ancora benissimo: nulla entra, e pressoché nulla esce dal paese, rare le immagini e le notizie da quella che si sta avviando a diventare la principale economia mondiale, e che per questo fa paura a tutti i suoi interlocutori, legata ad essa a doppio filo.
Oggi non è cambiato poi molto, anzi.
Ma quella primavera del 1989 la svolta sembrava davvero possibile. Perché quella volta le immagini dal paese riescono ad uscire e mostrano al mondo due cose: che esiste in Cina un dissenso alla via ufficiale, e che questo dissenso non ha diritto di esistere secondo le cariatidi del partito, Deng Xiaoping in testa, il leader ufficialmente a riposo ma in realtà deus ex machina della politica cinese.
Da aprile 1989 gli studenti sono in piazza a protestare contro la cappa di censura e negazione di diritti imposta dall’apparato burocratico. Gorbacev e la sua “glasnost” in Urss sta mostrando che un’altra via al socialismo è possibile. La storia lo smentirà da lì a pochi mesi.
I giornali di regime non esitano a bollare i manifestanti come complottisti ai danni dello Stato. Ma questa volta succede un fatto nuovo: la gente non si ritira, torna a scendere in strada giorno dopo giorno con numeri via via crescenti, fino ad arrivare a contare 100 mila presenze il 4 di maggio. Il luogo simbolo di questa rivolta per i diritti è piazza Tienanmen a Pechino.
Il partito sembra vacillare sotto le bordate che lo accusano di autoritarismo, nepotismo, e di essere il principale ostacolo alle riforme.
Incredibilmente qualche breccia pare aprirsi, ma è un’illusione effimera.
La notte del 3 giugno 1989 i burocrati han deciso che la misura è colma, che gli studenti hanno avuto il loro momento di gloria, ma ora è tempo che tutto torni nei soliti binari. L’esercito entra in città e punta verso piazza Tienanmen.
I carri armati davanti alla resistenza aprono il fuoco. È un massacro. Nel giro di pochi giorni la rivolta è sedata dal sangue delle migliaia di caduti, studenti e intellettuali soprattutto.
Il mondo pare indignarsi, attua un embargo alla vendita di armi alla Cina, ma poi tutto torna nella normalità di un silenzio complice.
Il vento al di là della muraglia non è ancora pronto a cambiare direzione. L’immagine simbolo di quei giorni ha una potenza che la rende immortale: lo sconosciuto con in mano le borse della spesa che si frappone alla colonna di carri armati mostra meglio di qualsiasi parola lo squilibrio delle forze in campo, la strenua volontà dei protestanti, e l’ovvio esito della disfida.