Chiesa di Scozia. “Costruire insieme”

Il racconto dei lavori dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia

 

“Costruire insieme”: questo è il tema che ha ispirato i lavori dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia svoltasi a Edimburgo dal 18 al 23 maggio alla presenza di oltre cinquecento partecipanti. Nel discorso inaugurale la moderatora uscente, Sally Foster-Fulton, citando un esempio di servizio nella società, si è soffermata sull’opera svolta in Italia dalla Chiesa valdese, grazie all’utilizzo trasparente dell’Otto per mille.

 

Che cosa significa “costruire insieme” nella Scozia profondamente secolarizzata del 2024? Questo è il filo rosso che ci ha condotto attraverso i lavori dell’assemblea, ma ha anche accompagnato le interviste, le testimonianze e gli incontri collaterali. “Costruire insieme” unisce la fede della Chiesa alla sua diaconia, finalità ben espressa in un programma che elabora nella quotidianità le politiche della Chiesa di Scozia e ne favorisce il processo decisionale pratico a livello locale, nazionale e internazionale attraverso i comitati, i consigli e i dipartimenti. Nel logo della Chiesa di Scozia sono presenti le parole “Nec tamen consumebatur”, “né tuttavia si consumava”, riferite al pruno ardente quando Mosè riceve la rivelazione del Dio dei padri.

 

 

Nella cattedrale di St Giles, il neo eletto moderatore (che è anche presidente dell’assemblea), Shaw James Paterson, ha parlato di una fede dentro la Chiesa che, come fiamma, si trasmette di generazione in generazione senza consumarsi. Tutto deve cambiare per andare incontro alle nuove sfide, ma resta ferma la cornice di questa tradizione della fede, entro cui ci collochiamo.

 

Ecco un’assemblea variegata e democratica che ha imparato dai secoli di resilienza a rendere testimonianza alla fede riformata e a reinventarsi di volta in volta al servizio dell’Evangelo e di una società che vive da molto tempo il disincanto e la disaffezione religiosa con conseguente abbandono delle chiese, per portare in maniera collaborativa cambiamenti strutturali e la costante riforma dell’istituzione, a partire oggi dalla riduzione delle dimensioni dell’assemblea stessa e del numero di parrocchie.

 

L’Assemblea generale lavora per la testimonianza di una Chiesa storica che si autofinanzia, le cui radici risalgono alla missione dei primi cristiani arrivati all’Isola di Iona intorno al 563 ma la cui fisionomia, precedentemente intrisa di devozioni medievali, è stata forgiata non senza incidenti sanguinosi dalla Riforma scozzese del 1560 guidata da John Knox, quando avvenne la rottura con l’autorità papale di Roma. Da quell’anno il popolo della Kirk si riunisce a Edimburgo, e a questa assemblea si ispira il parlamento scozzese; la Scozia ha partecipato ai grandi contrasti religiosi, politici e filosofici che hanno forgiato l’Europa e che sono scaturiti dalla Riforma protestante.

 

È lodevole la disciplina con cui vengono contenuti gli interventi nella progressione ordinata dei lavori durante le sessioni. Sono state ascoltate e discusse le varie relazioni, con conseguenti decisioni, dalle riforme strutturali alle relazioni sociali, dalla missione globale alle posizioni sulla guerra iniqua inflitta a Gaza (“Il pericolo di antisemitismo non deve impedire alla Chiesa di denunciare il governo israeliano e parlare con franchezza al governo britannico”), dal forum teologico al tema dei transgender (“la Chiesa non dovrebbe trattare le persone transgender in modo diverso dagli altri ma, dopo aver considerato i loro doni e le loro vocazioni, dovrebbe ammetterle all’esercizio del ministero pastorale… Che sia il Dio trino Padre, Figlio e Spirito – confessato nei nostri Credo e confessioni, ma sperimentato più pienamente quando viviamo nell’amore – ad edificarci”).

 

 

Si è parlato anche della crisi climatica e dei progetti in Malawi contro la desertificazione, della lotta alla violenza maschile contro le donne, della prevenzione degli abusi sui minori all’interno della Chiesa. Di struttura presbiteriana, organizzata secondo una gerarchia di istanze assembleari, la Chiesa di Scozia non è episcopale e rifiuta decisamente il ruolo dei vescovi, anche se è stato ascoltato con attenzione l’arcivescovo di Canterbury.

 

Nell’Assemblea generale è presente il Lord High Commissioner, nominato dalla Corona come suo rappresentante, quest’anno il Principe Edward, Duca di Edimburgo, quasi sempre presente ai lavori ma rigorosamente escluso dai dibattiti e dalle decisioni prese, seduto in una posizione elevata rispetto alla presidenza, ma separata dall’aula: eloquente è stato il suo discorso finale di taglio pastorale, cui è seguita la parola conclusiva del moderatore, che ha fatto riferimento al “nostro unico Re sopra la Chiesa, Gesù Cristo, seduto in Alto”.

 

Nel corso dei secoli si è risolta così la questione del rapporto tra la monarchia britannica e l’autorità intrinseca della Chiesa di Scozia “sotto le Sacre Scritture”; eppure oggi le altre Chiese cristiane, cattolici inclusi, e le altre fedi, tra cui i musulmani, hanno uguali diritti e accesso a scuole e istituzioni e a sovvenzioni governative. A questo proposito si è ribadita l’importanza della presenza di cappellani e pastori (accanto a quella di esponenti di altre chiese e fedi) nelle varie commissioni parlamentari e istituzionali, per trasmettere anche i valori della tradizione riformata.

 

Qui i vari momenti dei lavori.

 

Qui l’intervento in aula del pastore Terino.