Che Unione Europea si vuole?
Un testo della Commissione globalizzazione e ambiente (Glam) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) in vista delle imminenti elezioni
Riceviamo e pubblichiamo un testo della Commissione globalizzazione e ambiente (Glam) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei). Si tratta di un invito alla riflessione in vista delle prossime elezioni europee.
O una Unione Europea di pace o non è Unione Europea
I 5 anni dal 2019 (le ultime elezioni) rendono il panorama europeo irriconoscibile.
Due anni di operazione pandemia e due anni di guerra in territorio ucraino hanno prodotto alcune torsioni importanti sul piano economico e politico, rimescolando le priorità e lo stesso impegno dell’Unione Europea ad essere
motrice di sostenibilità, quantomeno ambientale, secondo i principi dell’azione preventiva e del ‘chi inquina paga’.
La GLAM ritiene di proporre al dibattito pre-elettorale due criteri nella scelta di quale Unione Europea si vuole.
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Una UE che non consideri a priori il nucleare una energia rinnovabile tra le opzioni di sostenibilità.
La transizione ecologica dal 2020 è rallentata per effetto del riaggiustamento delle catene logistiche e per aver perso la spinta ideale.
Hanno fatto da innesco i disservizi prodotti dai blocchi di produzione, e poi le sanzioni economiche a un fornitore strategico di oil&gas e la speculazione finanziaria sul fossile che è ancora prevalentemente a monte della elettrificazione verso cui viene spinto il consumo di energia.
La UE ha continuato a perseguire la politica ambientale che seppure lentamente (scontando annunci e greenwashing) sta passando a misure che per esempio coinvolgono la produzione agricola e le plastiche nonché la mobilità o l’impatto energetico delle abitazioni, ma la debolezza dell’accompagnamento motivazionale, economico e sociale favoriscono il rigetto che i media condizionati dalle lobby del fossile amplificano.
Del dibattito sugli impatti di eolico e fotovoltaico che divide anche l’ambientalismo sembra beneficiare l’opzione del nucleare, promosso – insieme alle biomasse legnose e all’incenerimento dei rifiuti – ad energia rinnovabile quando nessuna delle tre ha questa prerogativa.
Come GLAM
ribadiamo che questa opzione debba essere comparata alle altre in termini di costi ambientali relativi e assoluti per tre ordini di ragioni: la portata degli incidenti, i consumi di acqua e la gestione delle scorie. Il nucleare di quarta generazione o nei mini-reattori modulari nucleari (Small Modular Reactor), la cui realizzabilità è ancora da dimostrare, ha costi alti, tempi lunghi e non elimina l’annoso problema delle scorie sopra accennato.
Riteniamo che la transizione energetica sia da perseguire con maggiore ambizione e che debba essere partecipata e prevedere un accompagnamento economico alla riduzione dei fabbisogni energetici, delle abitazioni come dell’agricoltura, dal lato sia della produzione che del consumo.
Chiediamo che la UE impegni gli Stati a togliere il finanziamento pubblico dal fossile che tra l’altro si traduce in profitti e utili mentre prosegue la ricerca di materie prime per le rinnovabili che non rappresentino una sostituzione ‘green’ del fossile all’interno di rapporti inalterati con i paesi produttori.
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Una UE che respinga le pressioni a diventare di nuovo un continente militarizzato
Due anni di guerra al confine orientale hanno portato l’UE, e alcuni Paesi più di altri, a una esaltazione bellicista che ha trovato anche in Europa legittimazioni teologiche.
Mentre nelle popolazioni si esprime contrarietà a questa direzione di marcia, prosegue non solo la costruzione della ‘necessità’ della guerra, ma anche il suo corollario e cioè la tacitazione del dissenso come espressione del ‘nemico’.
La GLAM ritiene che una Unione Europea armata non faccia il bene né dell’economia né della democrazia. Né alla stessa Unione Europea, come i dati statistici supportano.
Il dirottamento di denaro al sistema militare industriale impoverisce le società e allarga le disuguaglianze, azzerando la scommessa di economia sociale di mercato su cui il progetto post bellico della UE si basava.
Per questo la GLAM ritiene che le chiese non possano schierarsi con le ragioni delle armi a prescindere dalle idealità che le ammantano.
Per fare questo occorre che il Parlamento europeo sia messo in grado di dare effettivamente voce alla cittadinanza, in una reale funzione co–legislativa.